Flamsteed e il suo tempo
di Mario Cavedon
pubblicato su l'Astronomia n° 8 del gennaio-febbraio 1981
per gentile concessione dell'autore e dell'editore


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Quando, il 10 luglio 1676, John Flamsteed assunse l'incarico di primo direttore dell' Osservatorio di Greenwich e venne insignito del titolo di "Astronomo Reale", probabilmente era consapevole di dover affrontare molti sacrifici, ma sicuramente non sospettava tutte le amarezze a cui sarebbe andato incontro negli ultimi anni della sua vita.
Una vita tutta trascorsa in solitudine, perché già a 14 anni (era nato nel 1646 a Denby, nella contea di Derby) aveva dovuto lasciare la scuola pubblica a causa di una malattia. Senza maestro aveva letto alcuni testi astronomici (di Sacrobosco, Riccioli, Keplero, ecc.) e da solo aveva imparato a calcolare la posizione dei pianeti.
A 18 anni Flamsteed osserva un'eclisse di Sole e s'impadronisce poi del metodo per la previsione delle eclissi. Nel 1673 invia a Newton, che lo apprezza, un breve studio sui pianeti, e l'anno successivo si trasferisce a Cambridge, dove Newton insegna ottica. A 29 anni Flamsteed prende gli ordini sacerdotali; a 30 assume la direzione dell'Osservatorio di Greenwich; a 31 viene eletto membro della Royal Society. Nei 42 anni che gli restano aocora da vivere John Flamsteed si dedicherà quasi esclusivamente alle osservazioni stellari e planetarie.

 

Astronomia per i naviganti

La creazione dell'Osservatorio Reale di Greenwich non era stata un gesto di magnanimità verso la scienza astronomica di Carlo II Stuart (incoronato nel 1660 re d'Inghilterra), ma rispondeva a un'esigenza precisa: mettere a disposizione dei naviganti tavole che permettessero di determinare la posizione della nave durante i lunghi viaggi oceanici. Per rispondere alla medesima esigenza, Luigi XIV (il re Sole) aveva già fatto erigere l'Osservatorio di Parigi: sui mari, anche la Francia stava per entrare in competizione con Spagna, Olanda e Inghilterra, che l'avevano preceduta sia per i commerci, sia nel campo militare.
Per un marinaio "fare il punto" significa determinare latitudine e longitudine della nave; per la prima coordinata i metodi astronomici impiegati nel 17° secolo erano già discretamente precisi, ma per la longitudine l'errore poteva risultare molto sensibile; e poiché i viaggi transoceanici duravano talvolta mesi, senza possibilità di contatti di alcun genere, l'inconveniente era molto grave.

Il metodo più opportuno per determinare la longitudine consiste nello stabilire la differenza fra le ore, minuti e secondi dei "tempi locali" di due punti sulla Terra, uno dei quali (fisso) viene assunto come fondamentale, e può essere, per esempio, il porto di partenza della nave; "altro punto può essere quello in cui si trova la nave, a bordo della quale deve perciò esistere un orologio in grado di fornire anche il tempo del punto fondamentale. Nel 17° secolo però non esistevano orologi sufficientemente precisi per "conservare" a lungo il tempo assunto come fondamentale. Galilei aveva scoperto fin dal 1583 l'isocronismo del pendolo, ma non era riuscito a costruire un congegno adeguato per utilizzarlo come "regolatore" di orologi meccanici; a questo risultato era giunto successivamente Huygens, che aveva descritto (nel 1657) e costruito un orologio a pendolo. Tuttavia era praticamente impossibile utilizzare sulle navi i pendoli di Huygens, che già sulla terraferma e nelle condizioni migliori davano scarti di una decina di secondi al giorno; in mare bisognava accontentarsi di orologi meccanici, molto imprecisi, oppure ricorrere alle vecchie clessidre.

Esiste tuttavia un altro modo per "fare il punto": detto in forma molto semplificata, consiste nell'osservare tre astri che si trovino in direzioni diverse ma alla medesima altezza sull'orizzonte in un dato istante. Conoscendo le coordinate celesti (ascensione retta e declinazione) dei tre astri, si può tracciare idealmente un cerchio il cui centro si trova allo zenit dell'osservatore.
Infine, conoscendo le coordinate dello zenit, si risale immediatamente alla longitudine e alla latitudine, che vengono determinate contemporaneamente, e perciò si stabilisce il "punto nave", indipendentemente da orologi o altri mezzi (si pensi alle trasmissioni di segnali orari o radiofrequenze oggi in uso) che non siano quelli di osservazione astronomica. Naturalmente le cose non sono proprio tanto semplici come potrebbe sembrare da questa esposizione; ma concettualmente il metodo applicabile è quello descritto, che in ogni caso richiede la conoscenza precisa delle coordinate celesti degli astri osservati.

E proprio per fornire ai naviganti le tavole con le coordinate delle stelle e con la previsione delle posizioni raggiunte in cielo, un giorno dopo l'altro, dai pianeti, dal Sole e dalla Luna (per quest'ultima i dati vengono forniti per frazioni di giorno) furono creati gli Osservatori di Parigi, di Greenwich e successivamente altri osservatori in tutto il mondo. Nella seconda metà del '900 i compiti assegnati ai singoli osservatori di questo tipo sono stati nettamente modificati e semplificati dalla facilità di interscambio delle informazioni (in precedenza piuttosto lente) e dalle telecomunicazioni (emissione e ricezione di segnali radio ecc.); ma Parigi, Greenwich, Heidelberg, Washington e gli altri osservatori di più solida tradizione continuano a primeggiare, collaborando fra loro nelle ricerche in questo campo.

 

Come si crea un Osservatorio

Il titolo di questo paragrafo non deve trarre in inganno: non esiste una maniera unica ma cento modi per fondare un osservatorio astronomico, o un qualunque altro istituto per la ricerca. E proprio i casi estremi posti in evidenza dal confronto fra la creazione degli Osservatori di Parigi e di Londra, che hanno poi mantenuto per tre secoli un'eccezionale importanza, potrà servire come esempio significativo.

Il re Sole e il suo ministro Colbert fecero costruire a Parigi, da Claude Perrault, il più famoso architetto francese dell'epoca, un edificio monumentale (anche se non ideale per le osservazioni), il cui costo fu di 714.000 "libbre" (franchi antichi). Per costruire l'Osservatorio di Greenwich, Carlo II mise a disposizione 500 sterline, incassate dalla vendita di merci avariate e permise di utilizzare i materiali ricavati dalla demolizione di una vecchia torre che sorgeva lì vicino.
Per quanto riguarda gli strumenti, benché Gregory nel 1663 e Newton nel 1672 avessero dimostrato che il telescopio riflettore evita l'aberrazione cromatica, presente nel cannocchiale rifrattore a lente semplice, gli astronomi preferivano quest'ultimo strumento, anche perché più adatto alle misure angolari richieste per i cataloghi astronomici. Per ridurre l'iridescenza intorno all'immagine dell'astro, provocata dall'aberrazione cromatica, si usavano focali lunghissime e Colbert fece acquistare in Italia (dal Campani>, che era il fabbricante più abile) una lente con la focale di 12 metri. L'Osservatorio di Parigi ebbe inoltre una lente, costruita dal francese Le Bas, con la focale di quasi 20 metri e infine (nel 1688) la famosa lente preparata da Huygens con focale di 70 metri, che pose problemi non indifferenti per la montatura, poiché non si poteva certo fissarla all'estremità di un tubo mobile. Per gli strumenti di Greenwich, Carlo II non spende un soldo e si limita a concedere all'Astronomo Reale "il permesso" di procurarsi tutti gli strumenti di cui aveva bisogno; ma a sue spese! Si potrebbe pensare che l'Astronomo Reale godesse di un appannaggio molto elevato; ebbene, Carlo II gli garantiva 100 sterline all'anno, 10 delle quali venivano dedotte per tasse.

Tentiamo un confronto: per indurre Gian Domenico Cassini a lasciare Bologna e trasferirsi a Parigi, Colbert gli aveva mandato 1000 "libbre" per le spese di viaggio e gliene aveva garantite 9000 all'anno, purché lavorasse all'Osservatorio. Huygens era costato a Colbert un poco meno (6000 "libbre" all'anno); ma con appannaggi di questa entità sia Cassini, sia Huygens potevano vivere da gran signori e partecipare alla gioiosa vita mondana dei tempi del re Sole. Entrambi comunque, erano scienziati di grande valore: quando giunsero a Parigi, Cassini aveva già scoperto la rotazione di Marte, Venere e Giove, pubblicato le "Effemeridi dei satelliti gioviali" e tracciata la famosa meridiana in san Petronio a Bologna, mentre Huygens aveva già scoperto un satellite di Saturno e l'anello del pianeta (che Galilei non era pervenuto a riconoscere), e aveva compiuto importanti ricerche d'ottica. A Parigi, Cassini e Huygens effettuarono molte osservazioni, nuovi studi e pervennero a numerose altre scoperte (satelliti di Saturno, la "divisione di Cassini" nell'anello, la nebulosa di Orione, ecc.)

Ma forse la scoperta più sensazionale di questo periodo la fece un giovane astronomo che l'abate Jean Picard aveva portato con sé a Parigi, tornando dalla Danimarca, dove era andato per studiare a Uraniborg l'Osservatorio di Tycho Brahe, ormai distrutto: nel 1675, il danese Olaf Roemer scoprì che la luce non si propaga istantaneamente e stabilì in 308.000 km/s la sua velocità di propagazione. Si noti che lo scostamento di questa prima misura dal valore oggi accettato è inferiore al 3 per cento. Roemer non era costato molti quattrini a Colbert (qualcosa di più al re Sole, poiché era stato nominato insegnante di astronomia del Delfino di Francia): a Parigi, il danese aveva ottenuto il suo straordinario risultato osservando le eclissi dei satelliti di Giove e sottoponendo a una critica serrata le "Effemeridi dei satelliti gioviali" di Cassini. Logicamente, quest'ultimo non dimostrò grande entusiasmo per una scoperta che avrebbe potuto fare lui stesso; forse amareggiato, qualche anno più tardi, Roemer decise di ritornare in Danimarca, dove lo attendeva una brillante carriera politico-amministrativa.
Si noti che tutte le scoperte finora citate sono precedenti alla pubblicazione (1687) dei "Principia", in cui Newton espone le sue leggi di gravitazione.

 

Tavola cronologica dei personaggi e avvenimenti del periodo: 114 kb; clicca l'immagine per ingrandirla

 

Flamsteed, Newton, Halley

Abbiamo lasciato il trentenne Flamsteed, primo Astronomo Reale, al momento del suo ingresso all'Osservatorio di Greenwich; senza alcuno strumento e senza assistenti, doveva praticamente dirigere soltanto se stesso. Dapprima si procura piccoli strumenti; poi con l'aiuto di un abile artigiano, Abraham Sharp, costruisce (a sue spese) un cerchio murale con raggio di 2 metri, ampiezza di 140 gradi e suddivisioni di 5 in 5 minuti primi. Con questo strumento, e altri di poco migliori, Flamsteed osserverà dal 1689, preparando il primo catalogo moderno di stelle fondamentali.

Ma la sua vita non è facile. Sharp lo aiuta e Flamsteed lo nominasuo assistente (e per pagarlo, sottrae altri quattrini dal suo appannaggio). Il governo trova che ha troppo tempo libero e lo costringe a tenere dei corsi di astronomia nautica per i ragazzi del Christ Church Hospital. Infine, per sopravvivere si riduce a dare lezioni; per questo Newton lo accusefà di rubare lo stipendio che gli passa lo Stato.

Newton, che aveva appoggiato la nomina di Flamsteed all'Osservatorio di Greenwich, pretendeva risultati immediati e soprattutto chiedeva molte osservazioni della traiettoria lunare per la verifica delle teorie che più lo interessavano (gravitazione e maree). Poiché Flamsteed si occupava piuttosto di misure per il catalogo stellare, i loro rapporti cominciarono a guastarsi e divennero ancora peggiori quando la Royal Society, presieduta e dominata dalla personalità eccezionale di Newton, si assunse l'onere della pubblicazione del catalogo stellare, che il povero Flamsteed non poteva far stampare a sue spese.
La prefazione a "Historiae coelestis in observatorio Grenovicensi ab anno 1676 ad annum 1705", che vide la luce nel 1712, scritta da Halley (grande amico di Newton) non era benevola con Flamsteed e la forma del catalogo era completamente diversa da quella che l'osservatore aveva previsto e proposto. Inoltre nel 1710 era stato creato un Board of visitors, cioè un comitato che aveva il diritto di ispezionare l'Osservatorio; poiché Flamsteed rifiutava le ispezioni, Newton ebbe con lui violenti litigi, durante i quali sembra che i due "vecchietti" malaticci si siano scambiati insulti "da carrettieri".

Soltanto nel 1714 Flamsteed rientrò in possesso delle sue note di osservazione e decise di pubblicare a sue spese il catalogo di stelle fondamentali, raccogliendolo a conclusione di una "Historia coelestis britannica", che nel primo volume cita le osservazioni di astronomi inglesi precedenti ed elenca le osservazioni di Flamsteed a Derby, mentre nel secondo e terzo volume descrive i metodi e gli strumenti da lui usati a Greenwich e riassume le osservazioni. Il catalogo comprende 2936 stelle (questo numero si riferisce all'edizione del 1725; in altre è un po' maggiore o minore), ma Flamsteed non lo vide mai, essendo morto a Greenwich allorché il terzo volume della sua opera era ancora in preparazione. Né vide la realizzazione a stampa del suo splendido "Atlas coelestis", in 28 fogli, apparsa per la prima volta nel 1730.

Una vita difficile. Forse la solitudine (che pur aveva cercato, anche facendosi sacerdote), forse le conseguenze della malattia giovanile (che tuttavia non gli aveva impedito di dedicarsi alle lunghe e faticose osservazioni notturne fino alla più tarda età), forse la soggezione nei confronti di Newton (e di Halley, con il quale ebbe una polemica cattiva), forse il suo stesso carattere contribuirono in varia misura a rendergli amara l'esistenza. Effettivamente si può rimproverare a Flamsteed di non aver dato inizio alla stampa di quella pubblicazione annuale che rientrava nei fini istituzionali dell'Osservatorio di Greenwich: il primo "Nautical Almanac" venne stampato nel 1763, mentre la "Connaissance des temps" era uscito la prima volta a Parigi nel 1679, per merito di Picard, dieci canni dopo l'apertura dell'Osservatorio.

Ma il nome di Flarnsteed resta nella storia dell'astronomia per la tenacia con la quale seppe lavorare alla realizzazione del primo catalogo stellare dell'astronomia con il cannocchiale.


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Pagina caricata in rete: 8 maggio 2004; ultimo aggiornamento (1°): 9 maggio 2004