Un pomeriggio sullo Zambesi:
un fiume lungo 2700 km

di Lucio Furlanetto

Il nostro approccio con questo fiume avvenne nel pomeriggio del 26 giugno 2001, verso le tre. Ma facciamo un passo indietro: partiti da Johannesburg (Sudafrica) alle otto e giunti all'aeroporto di Victoria Falls (Zimbabwe) circa due ore dopo, espletammo le formalità d'ingresso (nel terzo paese africano che visitavamo) in poco più di mezzora e circa un'ora dopo il nostro arrivo eravamo già in viaggio verso la cittadina turistica.

Già dalla pista dell'aeroporto avavemo capito che il posto non sarebbe stato una metropoli e (almeno per me) questa era una buona notizia. La cittadina di Victoria Falls vive prevalentemente sul turismo delle Cascate Vittoria e sul suo indotto commerciale e turistico. Ma, almeno apparentemente, essa appariva come un tranquillo paesino del sud Italia, attivo, quasi frenetico, durante le ore meno calde, sonnacchioso, in attesa del refrigerio, durante le ore più calde.

Fermati in "città" per l'immancabile cambio dei dollari americani con la valuta locale, ci accorgemmo quanto "pericolosa" poteva essere la voglia di immortalare i paesaggi e la popolazione locale. Uno di noi fotografò la via con il via vai della gente, una tipica fotografia turistica... Immediatamente quattro baldi giovani si fecero avanti con la pretesa di ricevere 5 dollari americani, come rimborso per aver fotografato la moglie di uno di essi (!?!) Ma quale moglie... ?
La fastidiosità di un simile comportamento, unita alla loro insistenza, portarono ad una lunga e irritante contrattazione per via della loro sempre maggiore avidità; non faccio ulteriori commenti.

Liberatici da ciò, si proseguì verso l'albergo, il Kingdom Hotel, un posto che da noi sarebbe forse impensabile, ma bello, ben progettato, con camere ampie, confortevoli e dotate dei confort necessari. Ben diverso era il vicino Victoria Falls Hotel, tipicamente old english, dove ci recammo per prenotare la cena e vedere le cascate in lontananza dalla sua parte posteriore. Da lì si vede la gola dello Zambesi attraversata dal ponte, con il confine fra Zambia e Zimbabwe. La nuvola di vapor acqueo che sale per decine di metri sopra gli alberi che coprono le cascate era a dir poco spettacolare.
Dopo un così bel biglietto da visita, eravamo vogliosi di vedere subito le cascate Vittoria, pertanto c'incamminammo verso di esse percorrendo il mezzo chilometro della stradina di terra battuta che porta da dietro questi due alberghi direttamente all'ingresso del parco delle cascate.

Seconda sorpresa: in Africa per vedere qualsiasi cosa si deve pagare, in questo caso 20 US $; è ovviamente giusto, ma nel nostro caso non valeva la pena entrare nel parco, in quanto meno di mezzora dopo avevamo appuntamento con il pulmino che ci avrebbe portato al fiume.

Rapido giro della zona, tanto per capire cosa c'era e ci recammo nuovamente in albergo per l'appuntamento. Il viaggio si rivelò attraente anche turisiticamente, in quanto il paesaggio è quasi da savana poco fuori la cittadina, ma con molti alberi e sempre più boschetti mano a mano che ci avvicinavamo all'acqua. Un fiume così lungo e grande irriga una enorme superficie e sia la flora e la fauna che il clima ne beneficiano.
Nel frattempo mi frullava in testa una domanda: con che "nave" avremmo navigato?

Francamente non ne avevo nemmeno una minima idea, dato che - ahimé- non leggo mai i depliant illustrativi o le note dei tour operator, ma mi stavo chiedendo a ragione quale natante venisse usato in simili condizioni. Una nave vera e propria mi sembrava eccessiva e difficile da manovrare su di un fiume, mentre non mi sembrava proprio il caso di ipotizzare canoe o amenità simili per navigare su di un fiume così grande e con le cascate a non molta distanza.
Giunti all'imbarcadero resto di sasso: era una specie di catamarano largo circa la metà della sua lunghezza (2,5 x 5 m), con galleggianti e ponte in metallo (lamiera zincata?), recinzione in metallo con superficie d'appoggio in legno su tutto il perimetro e copertura sempre in metallo. Al centro c'erano due ampie tavole, mentre a poppa c'era il timone (che avremmo in seguito scoperto permetteva rapide manovre). Due potenti motori fuoribordo, ancorati a ciascuno dei due galleggianti, permettevano una disceta velocità e una rapida fermata in caso di necessità. Un po' perplesso salgo a bordo con gli altri partecipanti, non solo del nostro gruppo.

Perplessità fugate immediamente: barca solida e membri dell'equipaggio competenti. In ogni posto che vai ti fanno la ramanzina sui sistemi di sicurezzae e sulle procedure di salvataggio o evacuazione; non c'è che dire: hanno a cuore che non ti faccia male, e non solo perché il turismo è la prima fonte di reddito dell'intera zona.

La navigazione procede senza intoppi e frequentemente le parecchie imbarcazioni si arrestano e fanno retromarcia per permettere ai turisti di osservare meglio e poter fotografare le "bellezze" locali: coccodrilli, iguana, ippopotami e uccelli di tantissime specie. E per potersi avvicinare alla riva sino a toccarla, bisogna disporre di un'imbarcazione abbastanza piccola, agile e quindi non molto massiccia, con scafo rinforzato e motori potenti.
Esattamente come quella che ci sta trasportando...

Il pomeriggio si sussegue in incontri con animali visti precedentemente solo da lontano (come gli ippopotami e i coccodrilli del Parco Kruger), che qui invece si ammirano a pochi metri di distanza: un coccodrillo a circa 5 metri e un ippopotamo a meno di tre metri!
Lungo il percorso il fiume cambia fisionomia: da un letto ampio oltre un chilometro, con parecchie isole al suo interno che lo spezzano in più rami, diventa in seguito un un ramo singolo con sponde ricche di lussureggiante vegetazione, con un'acqua calma sulla quale si rifelttono i raggi del sole prossimo al tramonto.

In lontananza, a sud-est, s'intravvedono nuvole grandi e minacciose, molto scure e cariche di pioggia; cosa accadrebbe se un grosso temporale ci sorprendesse lì?
Esprimo il mio dubbio al comandante e (bonariamente) mi dice di non preoccuparmi troppo, anche dopo che forti raffiche di vento hanno iniziato a sferzare la superficie fluviale. Raffiche che penso abbiano raggiunto i 70-80 km/h, non come quelle della Bora di Trieste, che sperimentai ai tempi dell'università con picchi di oltre 140 km/h e ogni inverno a casa toccano almeno i 100 km/h, ma sufficienti a richiamare l'attenzione di tutti.

Vediamo il temporale avvicinarsi e frustare la superficie del fiume a pochi chilometri di distanza, scaricando là una pioggia intensa. Esso prosegue il suo percorso, ma da noi arrivano solo alcune raffiche di aria calda prima e poi fredda (il fronte prededente e recedente della nube temporalesca). Nessun problema, il personale della barca ha visto giusto e nessuno dei turisti in crociera ha corso il minimo pericolo; dopotutto questa è casa loro: conoscono il clima locale molto meglio di noi.

L'ultima ora sullo Zambesi si coclude con il tramonto del sole, che potete vedere nell'immagine sotto riportata; uno spettacolo magico, che tutti ammirano con grande interesse. Dopotutto siamo a diecimila chilometri da casa...

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Il tramonto del sole sul fiume Zambesi ripreso da Carlo Dellarole (cortesia dell'autore)

Al ritorno il conducende del pulmino ci fa una sorpresa, deviando dalla strada principale e imboccando una stradicciola secondaria. Ci porta a vedere un baobab, uno degli alberi tipici della savana dell'Africa del sud: non è gigantesco, ma comunque è un albero di dimensioni notevoli, ben superiori alle dimensioni di quelli presenti nei nostro boschi. Classica foto alla pianta, commenti tipici dei turisti e ... questa volta la sorpresa ce la fa' la natura selvaggia!

Da dietro una serie di alberi sbuca un'elefantessa, una di quelle capobranco grandissime, alta almeno 3 metri e mezzo e del peso di oltre sette tonnellate e mezzo. Solitamente animali di questa stazza hanno 70-80 anni d'età e proteggono un branco che si sta spostando. Sta calando velocemente la notte, siamo in una zona sub-tropicale, ma osserviamo parecchi animali dietro di essa, maschi e femmine e tanti piccoli.
A questo punto a parecchi di noi viene la malaugurata idea di andare molto più vicino per scattare dei bei primi piani... Da dietro, io ho esaurito il rullino nella macchina fotografica e quindi non ho interesse ad avvicinarmi, noto che l'elefantessa ha aperto le grandi orecchie e sta sbuffando: brutto segnale, è infastidita dai flash.

All'avvicinarsi ulteriore di qualcuno si muove e carica! Pazzesco, le sue sette tonnellate e passa in movimento fanno veramente impressione. E' inutile che vi dica cos'è accaduto in seguito... Siete curiosi?
Ovvio, c'è stato un fuggi fuggi generale e tutti gli avventurosi si sono precipitati nuovamente verso il pulmino, dove la guida, io e altri eravamo rimasti. Non perché esso avrebbe offerto il ben che minimo riparo, lo avrebbe ribaltato senza nessun problema, ma perché sembrava il classico rifugio. Alla fine, trascurando alcune complicazioni ulteriori, siamo ripartiti, con destinazione (evidente) l'albergo.

La mia speranza di poter effettuare un'altra serata di fotografia astronomica viene frustrata immediatamente; troppa luce all'interno del recinto, mentre è da incoscienti solo pensare di uscire e andare a fare un giretto nella savana...
Pazienza, mi consolo con la prospettiva del giorno seguente: il giro sull'elefante e la visione delle Cascate Vittoria.

Ma questa è un'altra storia...

Lucio Furlanetto

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Copyright © 2001 di Lucio Furlanetto (testo) e Carlo Dellarole (immagini)
e Lucio Furlanetto (immagini eclisse)

Pagina caricata in rete: 5 agosto 2001; ultimo aggiornamento: 5 agosto 2001