| Il titolo che ho scelto per questa
    pagina destinata a completare quanto in precedenza ho cercato di proporre in merito
    all'evento-Diluvio può in qualche modo essere fuorviante e suggerire aspettative che
    risulterebbero alla fin fine non esaudite.  Per tale motivo ritengo corretto chiarire
    brevemente quale sarà il contenuto del lavoro che vi accingete a leggere, rischiando
    magari, a causa di questa mia decisione, di perdere fin dall'inizio alcuni potenziali
    lettori: meglio comunque pochi lettori consapevoli che molti delusi (anche perché, a
    dirla proprio fino in fondo, non è proprio al primo posto delle finalità che mi sono
    fissate l'acquisizione di un vasto uditorio). Per quanto mi risulta la Scienza non ha ancora dato nessuna risposta definitiva ai
    numerosi interrogativi che sono inevitabilmente correlati con il Diluvio: ci sono - questo
    sì - alcune ipotesi percorribili e degne di approfondimento, ma sono - purtroppo -
    circondate e soffocate da una ben più ampia serie di teorie spacciate come
    scientificamente fondate e che finiscono con l'obbligare ad una sana e razionale
    diffidenza in attesa di prove concrete. Riuscire a distinguere tra seri ricercatori e
    ciarlatani è comunque spesso molto difficile, soprattutto in campi di indagine nei quali
    le prove concrete non sono universalmente accertate e accettate, ma ciascuno può addurre
    praticamente ciò che vuole a sostegno della sua tesi.
 Non troverete qui, dunque, ardite ipotesi o tesi fantascientifiche, facilmente
    recuperabili, per chi ne fosse appassionato, sugli scaffali delle librerie: voglio
    muovermi con i piedi di piombo e analizzare senza facili sensazionalismi e altrettanto
    facili ipotesi fantastiche i fatti a nostra disposizione.
 Questo può anche comportare - ma è la legge della Scienza - che domani qualcuno mi possa
    far notare di aver tralasciato importanti indizi, o aver tratto conclusioni sbagliate;
    sicuramente nessuno potrà accusarmi di non aver cercato di fare un serio lavoro di
    indagine.
 Un primo tassello del mosaico che ho
    intenzione di costruire dobbiamo ricercarlo nei risultati della campagna di scavi
    archeologici che Sir Leonard Woolley (1880-1960) compì tra il 1928 ed il
    1934 nel sito su cui sorgeva l'antica città di Ur: non importa se quasi subito dovremo
    frenare i nostri entusiasmi e mettere in discussione che sia proprio quanto stavamo
    cercando, ma si tratta comunque di una scoperta fondamentale.Durante tale campagna gli operai addetti agli scavi si imbatterono in uno strato di fango
    alluvionale che, ad una prima analisi, sembrava essere il terreno vergine sul quale era
    stata innalzata la prima serie di costruzioni di Ur; un particolare, però, insospettì
    Woolley: tale strato si trovava parecchi metri più in alto rispetto al livello
    circostante, il che poteva significare che, al di sotto di tale strato di limo, ci potesse
    essere una stratificazione di reperti di epoca anteriore.
 Gli operai non condividevano l'idea di Woolley, sostenuti in ciò dall'evidenza concreta
    che dal loro scavo non emergeva nulla di interessante: alla superficie veniva riportato
    soltanto fango e neppure la minima traccia di insediamenti umani.
 Due metri più sotto, però, li aspettava la sensazionale scoperta di strumenti di selce e
    frammenti di vasellame identificati successivamente come risalenti al Terzo periodo di
    Ubaid, convenzionalmente datato tra il 4500 ed il 4000 a.C.
 L'analisi microscopica dei sedimenti fangosi escluse un'origine marina e suggerì quale
    possibile causa una catastrofica inondazione riconducibile allo straripamento del fiume
    Eufrate.
 Inevitabile identificare lo strato alluvionale come la traccia di una potente inondazione
    capace di spazzare dalla faccia della Terra la fiorente civiltà che popolava quella zona,
    nascondendo ogni vestigia del suo splendore sotto due-tre metri di depositi fangosi.
    Inevitabile, di conseguenza, associare tale scoperta alla vicenda di Noè ed ai racconti
    sumerici svelati in tutta la loro misteriosa somiglianza con la saga biblica del Diluvio
    grazie alla decifrazione della scrittura cuneiforme.
 Tutto risolto? Troppo facile!Ancora non si era raffreddata l'euforia per la clamorosa scoperta che sulla scena apparve
    un nuovo fondamentale elemento: gli scavi nella regione irachena anticamente occupata
    dagli insediamenti sumeri fecero prepotentemente balzare sotto gli occhi di tutti le
    tracce di un secondo Diluvio.
 L'archeologo autore delle scoperte fu Stephen Langdon, che nel 1929
    pubblicò il resoconto del ritrovamento di tracce di una inondazione nei pressi delle
    città di Shuruppak (la moderna Fara) e di Kish: l'analisi stratigrafica permetteva di
    collocare l'evento nel periodo storico denominato Proto-dinastico datato tra il 2900 ed il
    2700 a.C.
 La datazione decisamente più recente di quella attribuita al Diluvio di Woolley,
    abbondantemente in periodo storico e di conseguenza ben documentabile con opere
    letterarie, e la coincidenza con il fatto che proprio Shuruppak è la città nominata
    nell'Epopea di Gilgame spingevano in modo prepotente a considerare
    "autentico" il Diluvio messo in luce dagli scavi di Langdon.
 La disputa, ovviamente, tenne desta l'attenzione dell'opinione pubblica ed ebbe ampio
    risalto anche sui giornali dell'epoca con autentiche cacce all'ultimo scoop.
 La distanza temporale tra i due avvenimenti non consentiva neppure di tentare di
    conciliare le due scoperte considerandole vestigia di un unico avvenimento. Era troppo
    evidente che si trattava di eventi ben distinti!
 L'unica conclusione possibile non poteva essere che questa: ricercando le tracce di UN
    Diluvio, ci si trovava inaspettatamente a dover fare i conti con DUE eventi analoghi,
    avvenuti più o meno nella stessa zona geografica, ma in epoche storiche diverse, distanti
    1500 anni l'una dall'altra.
 Quale dei due era il Diluvio di Noè? quale quello di Ziusudra e di Gilgame? quale
    legame si poteva scorgere tra le differenti tradizioni? Mistero fitto!
 I misteri, solitamente, hanno la naturale e
    spiccata tendenza ad infittirsi sempre più, ed anche quello del Diluvio ha fatto di tutto
    per non sottrarsi a questa regola, forte, in questo, di un noto proverbio che recita
    "Non c'è due senza tre"
.Un balzo temporale di una cinquantina di anni ed un piccolo spostamento geografico più a
    nord-ovest, nella zona attualmente occupata dal Mar Nero, ci consente di imbatterci in
    nuovi e interessanti sviluppi negli studi relativi alla collocazione storica degli eventi
    del Diluvio.
 Risale alla fine degli anni 80, infatti, lidea che la zona attualmente
    occupata dalle acque del Mar Nero non fosse sempre stata allagata; si ipotizza, infatti,
    che al posto delle acque salate si stendesse una fertile pianura con un piccolo lago di
    acqua dolce nel mezzo, probabilmente sede di numerose comunità neolitiche dedite sia
    allagricoltura che alla pesca, situazione ipotizzabile come logica conseguenza di un
    ambiente così favorevole.
 Una prima datazione con il metodo del radiocarbonio effettuata su conchiglie estratte con
    dei carotaggi da quella che anticamente era la spiaggia del lago avrebbe confermato che
    tale situazione si poteva far risalire a circa 9000 anni fa.
 Lidentificazione della causa e la spiegazione del meccanismo che potesse aver
    portato ad un tale radicale sconvolgimento dellhabitat di quella zona è molto
    semplice, attribuendo tale evento ai fenomeni associabili al termine dellultima
    glaciazione.
 Con il graduale ritiro su scala planetaria del fronte dei ghiacci si verificò il
    conseguente innalza-mento del livello dellacqua negli oceani con inevitabile
    occupazione da parte delle acque di molti territori che fino ad allora si erano trovati
    allasciutto.
 La vallata del Mar Nero era però separata dal mare esterno, nella zona attualmente
    identificabile con lo Stretto del Bosforo, da una sorta di diga naturale; tale
    distinzione, tra laltro, non era proprio un fatto recente e transitorio, dal momento
    che la separazione del Bacino di Tethys (così è chiamata la depressione occupata dal Mar
    Nero) dal Mediterraneo viene dai geologi collocata circa 40 miliardi di anni fa.
 Ma con lo scioglimento dei ghiacci accumulatisi durante lultima era glaciale si
    verifica un evento di inaudita violenza.
 Tutto comincia in sordina. Gradatamente in quella stretta diga naturale inizia ad
    insinuarsi lacqua del Mediterraneo: giorno dopo giorno i modestissimi rivoli
    iniziali diventano torrenti e, inevitabilmente, la tenuta di quella sorta di muro di
    contenimento viene diminuendo sempre più finché avviene lirreparabile.
 Improvvisamente i mille ruscelli si trasformano in grandiose cascate: decine, centinaia,
    migliaia di volte più grandi delle cascate del Niagara; una stima del flusso dacqua
    ipotizza un travaso dal Mediterraneo di circa 340.000 metri cubi al minuto!
 In brevissimo tempo (un paio di settimane) la fertile vallata è completamente occupata
    dalle acque salate del Mediterraneo, e, come se non bastasse, al veloce innalzamento delle
    acque sul terreno fa da controcanto un incredibile e drammatico aumento di precipitazioni.
 Il vertiginoso aumento dellevaporazione, imputabile in parte ai normali fenomeni di
    evaporazione delle acque del bacino che si andava formando, ma incrementato in modo
    decisivo dalla intensa polverizzazione dellacqua in caduta dalle cascate, si
    traduceva in piogge torrenziali e violen-tissime: le popolazioni (mi si passi la banalità
    dellaccostamento) erano prese proprio tra due
 fuochi e lunica possibile
    salvezza era la fuga verso i monti che delimitavano linvaso.
 Direi inevitabile laccostamento di una tale situazione a quanto i racconti del
    Diluvio ci presentano raccontandoci la contemporanea apertura delle cateratte celesti e
    degli abissi sotterranei
 Le sorprese maggiori, però, provengono dalle recentissime (1999) ricerche effettuate da Walter
    Pitman e Bill Ryan sul fondo del Mar Nero.
 Gli studi dei due ricercatori non solo hanno consentito di verificare la teoria scoprendo
    lantico profilo del lago, ma hanno letteralmente sconvolto le precedenti datazioni
    dellevento.
 I carotaggi effettuati sul fondo del Mar Nero, infatti, hanno mostrato la presenza di
    strati di argilla con segni evidenti dellazione disseccante del sole e fratture
    nelle quali lazione del vento aveva depositato granelli di sabbia: segno
    indiscutibile che, un tempo, quei terreni erano soggetti allazione combinata del
    sole e del vento, dunque non erano certamente ricoperti dalle acque.
 Il fatto maggiormente degno di nota, però, è stata la scoperta in questi strati
    argillosi di piante legnose ed erbe, materiale organico per il quale era possibile
    applicare le tecniche di datazione con il metodo del radiocarbonio: la misurazione
    (confermata entro i limiti sperimentali da tutti i campioni prelevati nei vari carotaggi)
    indicava una datazione di 7540 anni.
 Dunque bisognava collocare linondazione in unepoca molto più recente di
    quanto ipotizzato in precedenza: levento non si era verificato nel 7000 a.C., bensì
    nel 5500 a.C.
 Il fatto, poi, che i reperti presentassero allincirca la stessa datazione doveva
    essere interpretato come il segno evidente che la catastrofica inondazione non poteva
    essere stato un graduale riempimento della vallata, bensì un improvviso e rapidissimo
    cataclisma.
 La collocazione dellevento in epoca così vicina ha portato Pitman e Ryan a
    ipotizzare che si dovesse trattare di ciò che in seguito le culture mesopotamiche
    avrebbero tramandato nei loro racconti del Diluvio Universale: il gap temporale tra
    levento ed i primi racconti scritti di tale tradizione sarebbe stato colmato dai
    racconti orali tramandati tra i superstiti.
 La mia personale impressione è, però, che 1500
    anni di racconti tramandati di generazione in generazione siano decisamente troppi
Non sono un esperto né di linguistica né di antropologia, dunque non posso suffragare
    questa mia impressione con studi accurati e neppure con il sigillo ufficiale di
    "addetto ai lavori" o con un congruo titolo accademico (una laurea in Astronomia
    in questi casi non è che pesi molto sulla bilancia
), ma corro volentieri il rischio
    di essere miseramente contraddetto da chi ne sa più di me.
 Unidea in merito allevento-Diluvio, infatti, me la sono fatta anchio e,
    in barba ai possibili sbugiardamenti, intendo proprio presentarla: da come questa mia
    decisione possa immediatamente passare dal dire al fare il mio paziente lettore potrebbe
    trarre interessanti spunti di riflessione sulla comodità di poter gestire una finestra
    sul mondo, qual è un sito in Internet, senza sottostare alle rigide regole che sottendono
    i meccanismi della comunicazione ufficiale.
 Ma lasciamo le considerazioni socio-filosofiche a chi vuole approfondirle...
 Se dunque sei proprio intenzionato a sapere come la vedo io non ti resta che andare a
    curiosare (quando sarà completata) alla pagina  Il mio Diluvio.
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