NOTIZIARIO

ANNO VI - NUMERO 18
3° TRIMESTRE 1998


UN DIAFRAMMA AD IRIDE PER LA FOTOGRAFIA DEL SOLE

Quando parecchi anni fa, Franco Doretto, valente e meticoloso astrofilo di Pordenone decise di dedicarsi con assiduità al rilevamento visuale e fotografico giornaliero delle macchie solari, subito si pose il problema di ottenere fotogrammi correttamente esposti indipendentemente dalle condizione di trasparenza del cielo, al fine di evitare il più possibile lo spreco di materiale sensibile e riuscire a condensare in un rullino da 36 pose, un mese continuo di attività solare.

Si trattava sostanzialmente di andare praticamente a colpo sicuro ogni giorno, limitando al minimo il numero di fotogrammi utilizzati, visto che le variabili condizioni atmosferiche, modificavano continuamente il tempo medio corretto di esposizione.

Capite bene, che anche a livello di spesa individuale, non è pensabile riprendere 5-6 fotogrammi al giorno al fine di determinare poi quello meglio riuscito e scartare tutti gli altri:
significa in ultima analisi, dover utilizzare 4-5 rullini al mese invece di uno e considerando i costi medi degli stessi e degli sviluppi, non è poco, specie se, come nel caso di Franco, questa paziente attività và avanti da oltre 10 anni (4000 negativi in archivio).

Per cercare una soluzione al problema, si rendeva necessario poter quantificare la intensità della luce solare per ogni singolo giorno, visto che la presenza di foschie dense o nubi in alta quota, rendeva questo valore fortemente variabile.

Poi, in base ad una serie di tentativi, noti questi valori su una scala di riferimento arbitraria, si doveva trovare il corrispondente tempo di esposizione da utilizzarsi in riferimento alle condizioni meteo.

La fotografia giornaliera delle macchie solari, si rende necessaria esclusivamente per il preciso posizionamento delle stesse sui moduli predisposti all'osservazione visuale, che rimane la metodologia d'indagine più dettagliata per il rilevamento dei Numeri di Wolf e dell'evoluzione delle stesse macchie.

Venne spontaneo, nella ricerca di una soluzione possibilmente efficace, semplice ed economica, pensare al funzionamento dell'occhio umano, che ben si adatta alle variazioni di luce mantenendo sempre un ottimo grado di osservabilità dell'ambiente circostante.

Se fossimo riusciti a costruire una sorta di diaframma ad iride, da anteporre all'obbiettivo del rifrattore da 120 mm F/12 utilizzato per le osservazioni, collegato ad un rilevatore dell'intensità della luce incidente, al variare del diametro del diaframma, avremmo potuto verificare i diversi valori (arbitrari) sulla scala graduata del rilevatore e una volta stabilito che per quel valore, corrispondeva un determinato e ottimale tempo di esposizione, in tutta semplicità l'unica operazione necessaria ogni giorno, sarebbe stata quella di modificare l'apertura del diaframma stesso fino alla coincidenza con quanto stabilito nella scala graduata.

La relazione diaframma/valore sulla scala graduata, avrebbe consentito sostanzialmente, di ottenere una stessa densità di annerimento del disco solare sul negativo indipendentemente dalle condizioni di trasparenza del cielo, rendendo sufficienti una o due pose al giorno.

Si è pensato quindi di utilizzare una fotoresistenza collegata ad una scala graduata (tipo millivolmetro o un semplice tester), opportunamente adattata per poter essere inserita sul portaoculari da 31.75 mm., nella precisa posizione nella quale verrà poi a trovarsi il piano pellicola.

L'alimentazione della stessa è garantita dalla corrente di rete, per evitare, con le batterie, che al diminuire della carica delle stesse, i valori rilevati vengano alterati, compromettendo alcune esposizioni.

La progettazione e costruzione del diaframma ad iride, è stata opera di Mariano Pasqualini di Treviso, uno di quei meravigliosi astrofili-artigiani che, sparsi per il nostro Paese, con maestria e umiltà sono in grado di costruire di tutto, dagli accessori più piccoli ed impensabili a veri e propri osservatori.

Visione esplosa delle parti del diaframma ad iride.

 

Sostanzialmente, l'insieme è costituito da un primo cilindro in pexiglass opportunamente annerito (nel caso del nostro strumento del diametro di 200 mm - parte 1) dell'altezza di 60 mm., nel quale si infila un secondo cilindro (diametro 188 mm., altezza 40 mm. - parte 2) che serve da basamento alla ruota porta diaframma (parte 3), il quale è costituito da dodici lamine in lamierino (parte 4) a forma semitorica, larghe 30 mm.

Una ghiera di raccordo e bloccaggio delle lamine (parte 5) e un ultimo cilindro in pexiglass (parte 6) completano l'accessorio, che và ad infilarsi di fronte l'obbiettivo del rifrattore, munito di filtro solare in vetro.

All'esterno, una scala graduata (parte 7) consente di verificare l'apertura effettiva del diaframma che puo' variare dai 50 mm. ai 120 mm., anche se, il range effettivo di applicazione è contenuto tra gli 80 e i 120 mm., per evitare un'eccessiva perdita nel potere risolutivo dello strumento ad aperture inferiori.

In alto a sinistra: visione laterale complessiva
Resto della figura: visione dall'alto delle singole parti del diaframma ad iride.

 

Attraverso tentativi, si è potuto stabilire il valore da leggersi sulla scala graduata collegata alla fotoresistenza, per ottenere ottime immagini del disco solare, con pellicole a grana finissima, bassa sensibilità ed alto potere risolvente.

Ad ogni sessione osservative giornaliera, si è reso quindi sufficiente regolare il diaframma fino a che quanto stabilito in precedenza venga letto, senza preoccuparci delle condizioni di trasparenza atmosferica, sicuri che la luce incidente sarà comunque sempre la stessa e l'intensità di annerimento del disco solare sul negativo, costante ed uniforme giorno dopo giorno, come già detto si limiterà allo scatto singolo o massimo doppio.

Con lo stesso sistema, di lettura dei valori trasmessi dalla fotoresistenza, sono stati ottenuti interessanti grafici relativi alla caduta di magnitudine della Luna durante le eclissi.

Il costo complessivo è risultato di alcune decine di migliaia di lire, veramente poche considerando l'utilità pratica per chi come Franco, svolga lavori di routine che comportino anche un notevole sforzo economico sostenuto personalmente.

Le misure riportate, sono relative al rifrattore da 120 mm. di diametro utilizzato, ma è proporzionalmente semplice ridurle per qualsiasi tipo di strumento.

I dettagli tecnici, potete richiedermeli direttamente inviando un mail al mio indirizzo: Fabrizio Marchi.

Fabrizio Marchi
Socio e Redattore della rivista Coelum

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