Tecnoetica

Tecnoetica ovvero le conseguenze etiche dello sviluppo tecnologico. Il blog si occupa di proporre dei percorsi di analisi filosofica, sociale, culturale, politica all'interno dei quali collocare la riflessione sui valori della civiltà tecnologica presente e futura



postato il 19/04/2004 alle 21:26 da
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Roboetica: caso emblematico di tecnoetica



Il discorso sulla roboetica credo che sia un discorso interessante non tanto perché il problema sia dietro l?angolo (almeno non nei termini di esseri senzienti), quanto per il tipo di ragionamenti ci costringe a fare. Proverò a fare un paio di riflessioni "a braccio" (si prega i filosofi a non dare particolare peso a queste parole scritte di getto...)

Principio di Galatea
Per prima cosa ci costringerà a relazionarci con un totalmente altro come un essere artificiale. Al momento non abbiamo gli strumenti per entrare in rapporto con questi nuovi ?elettrodomestici?, ma arriverà ben presto il momento in cui la convivenza tra robot e umani sarà sempre più sentita. Le avvisaglie ci sono tutte: in Giappone negli ultimi tempi c?è stato un boom di vendite di AIBO, il cane robot della Sony, che sta progressivamente incrinando il mercato degli animali da compagnia. Sempre in Giappone la National Institute of Advanced Industrial Science and Technology, ha messo a punto un programma di Pet Therapy chiamato Progetto Paro che invece di usare animali in carne ed ossa, usa cuccioli di foca-robot. Quello che è interessante è che queste tecnologie diventeranno strumenti rispetto ai quali riversare il nostro patrimonio emozionale. Vale in questo caso il principio di Galatea, la statua di avorio trasformata in donna da Venere per soddisfare le preghiere di Pigmalione, lo scultore ormai completamente invaghito della sua opera. Dal mito di Galatea e Pigmalione possiamo desumere una massima per cominciare a ragionare su questi temi: una relazione affettiva profonda è reale quanto reale sono disposti a considerarla i soggetti coinvolti. Pensiamo al rapporto che si potrebbe instaurare tra una persona e il corrispettivo robotico di una bambola gonfiabile: che tipo di rapporto potrebbe essere? Per gli scettici: consiglio di dare un?occhiata alle tecnologie per bambole gonfiabili hi-tech sul sito Real Doll.

Sindrome del Golem
Bestia nera del rapporto uomo-robot è senza dubbio il timore che robot creati per mansioni specifiche (lavoro, protezione) possano ribellarsi o ? perlomeno ? sfuggano al controllo. La paura ha sempre fatto parte del rapporto uomo-robot fin dai tempi più remoti. La stessa parola robot nasce per designare operai meccanici che alla fine si ribellano al proprio padrone. Per sottolineare quanto antica sia questa idea mi piace definirla sindrome di Golem, dal nome della creatura della tradizione ebraica Yddish, resa celebre da un racconto di Gustav Meyrink, in cui si parla di una creatura di argilla (il robot) creata dal il rabbino Loew (lo scienziato) che gli diede vita imprimendogli sulla fronte la parola ?verità? (il software). La storia racconta come il Golem, creato con lo scopo di difendere il ghetto di Praga dai nemici della comunità ebraica, alla fine diventasse un pericolo per gli stessi abitanti del ghetto, tanto da costringere lo stesso rabbino Loew a distruggerlo. Vale la pena preoccuparsi per delle macchine autonome che perdono il controllo? Forse si. La DARPA ha nel suo budget un progetto di finanziamento di ben 5 diversi progetti che dovrebbero dar vita a robot per uso militare: robot per la ricognizione di zone di guerra, smart dust, ovvero nanorobot che sparsi sul territorio si trasformano in sensori intelligenti e così via dicendo. È prematuro parlare di terminator, ma credo che sia una questione di tempo, non di tecnologia.

Assunto della Ferrari
Concludo questo ? lungo ? post con una riflessione di tipo metodologica. Perché parlare di roboetica, quando ancora i robot sono dei computer sofisticati, ma limitati? Credo che per la roboetica ? la parte futuristica della tecnoetica ? valga il principio della Ferrari. Ovvero: perché si spende quel fiume imponente di denaro nelle corse di formula 1? C?è un ritorno economico? Si, c?è, lo sappiamo tutti. Le corse automobilistiche sono dei grandi laboratori all?aperto che servono per testare tecnologie che verranno adottate nelle automobili prodotte in serie. Stessa cosa per la roboetica: il problema è lontano, ma è bene prendere familiarità con questi diversi modi di ragionare quando la ?rivoluzione robotica? sarà all?inizio. (PS: tra l?altro la riflessione filosofica sui robot non è nuova. Già Hilary Putnam aveva cominciato a porre problemi di ordine morale rispetto ai robot in un suo paper del 1964 dal titolo ?I robot: macchine o vita creata artificialmente?? (Mente, linguaggio e realtà, Adelphi, Milano, pp.416-438)

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Io, Roboeticista
postato il 18/10/2004 alle 21:05 da
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Si può affrontare il rapporto fra tecnologia e valori in un modo che sia allo stesso tempo divertente e costruttivo? La risposta a questa domanda può essere molteplice a seconda del tipo di sensibilità di cui si è dotati e del tipo di pubblico a cui ci si vuole rivolgere. Nel caso della Scuola di Robotica la risposta alla domanda è un "si" senza mezzi termini.

Lo scorso 13 ottobre la Scuola di Robotica e la XX Century Fox hanno organizzato la visione in anteprima  del film Io,Robot di Alex Proyas con Will Smith presso Il Warner Village Moderno a Roma. alla visione del film ha fatto seguito una tavola rotonda con la quale alcuni esperti si sono confrontati sui temi sollevati dal film e sulle domande del pubblico. Cronaca di una giornata dedicata alla roboetica.

Io,Robot (USA, 2004)

Nella Chicago del 2035 vive e lavora il detective Del Spooner (Will Smith), amante dei bei tempi andati in cui i lettori CD si usavano con il telecomando e le più belle scarpe del passato sono delle Converse All Star del 2004 (...). La caratteristica che rende Spooner un ottimo personaggio per rendere la trama del film più articolata è la sua avversione nei confronti dei robot (robofobia?), macchine servizievoli e perfettamente integrate nell'america del 2035 che ormai rappresentano un aiuto insostituibile nella vita di tutti i giorni.

La trama prende spunto dall'apparente suicidio del dott. Alfred Lanning (James Cromwell), ideatore di tutti i robot in circolazione prodotti dalla US Robotics (esatto, come l'omonima società che costruisce modem...), società che si appresta a lanciare sul mercato una nuova classe di robot gli NS-5 destinati non solo a sostituire i vecchi modelli NS-4 ma anche a rendere tali macchine sempre più diffuse sulla Terra in rapporto 1/4 (1 robot ogni 4 umani).

Chi non è convinto del suicidio del dott. Lanning è proprio Spooner, che conosceva il professore e non lo crede capace di una simile azione. La sua indagine comincia con il presidente della US Robotics Lawrence Robertson (Bruce Grenwood) il quale, volendo chiudere a tutti i costi il caso (per ovvi motivi), gli affianca una collaboratrice del dott. Lanning la dott.ssa Susan Calvin (Bridget Moynahan) convinta sostenitrice dell'ipotesi del suicidio, poiché i robot non possono fare del male agli umani grazie alle famose tre leggi della robotica.

La questione si complica quando sul luogo del delitto - la stanza di Lanning - si trova un particolare modello di NS-5 che si scoprirà avere un nome, Sonny (Alan Tudyk) che sulle prime sembra il candidato perfetto ad essere incolpato, ma le cose prenderanno tutta un'altra piega.

Il film ha un livello estetico e un livello narrativo piuttosto articolato: dal punto di vista estetico sembra un classico film poliziesco a la Will Smith con scene di azione, sparatorie, inseguimenti e battute. Dal punto di vista narrativo è più complesso, gli elementi fantascientifici non sono solo un'ambientazione esotica, ma servono da puntello alla trama in un costante gioco in cui alla ricerca del colpevole dell'omicidio si affiancano domande profonde sulla tecnologia e sulle sue conseguenze sociali.

Alcune domande sollevate dal film sono: fino a che punto ci si può fidare della tecnologia? E' possibile che macchine sofisticate sviluppino una forma di coscienza? Che tipo di società è quella in cui gran parte dei lavori manuali vengono svolti da robot? Che forme assume la disoccupazione tecnologica? Di che tipo di software etico dovrebbero essere dotate delle macchine come i robot? Che cosa rischiamo quando non ci assumiamo la responsabilità della nostra sicurezza?

Una nota: al di là del titolo (Io robot) di alcuni personaggi (Susan Calvin) e della presenza di un espediente narrativo ( Le tre leggi della robotica), il rapporto con l'omonimo romanzo di Isaac Asimov è molto blando. D'altra parte non solo nei credits il film si dice "ispirato" al libro si Asimov, ma nelle note di produzione si sottolinea come il soggetto di un poliziesco robotico dal titolo Hardwired sia opera dello sceneggiatore Jeff Vintar, e solo successivamente siano stati aggiunti elementi che ricordano il romanzo di Asimov. Chi vuole approfondire il tema, ecco un bell'articolo sulla storia (fantascientifica) della robotica.

L'invasione dei robot

E' questo il titolo della tavola rotonda organizzata dalla Scuola di Robotica che vedeva intorno allo stesso tavolo Gianmarco Veruggio (presidente della Scuola di Robotica e ricercatore CNR), Carlo Rambaldi (ha bisogno di presentazione?), Daniela Cerqui (antropologa dell'Università di Reading - UK) Guglielmo Tamburrini (epistemologo dell'Università di Pisa) e come moderatore (conduttore?) Mario Tozzi (ricercatore CNR, ma meglio noto come conduttore televisivo di Gaia).

Mario Tozzi ha aperto il dibattito con una serie di temi molto interessanti e con una forte componente ecologista (dopotutto è un geologo). Energia: come fare ad alimentare tutti i dispositivi che si vedono nel film (robot compresi) se il petrolio è considerato dal film stesso una fonte del passato? Tecnologia: serve davvero tutta la tecnologia descritta nei film oppure buona parte di essa ha solo valore di bene di consumo ma non serve? Evoluzione: nel film Sonny è un'evoluzione degli NS-5 in quanto dotato di coscienza, ma il concetto di evoluzione è applicabile alla tecnologia? (l'esempio che fa è quello delle tastiere Qwerty: perché sono ancora fatte così quando il loro unico scopo era quello di rallentare i primi dattilografi?)

Il giro di interventi è stato aperto da Carlo Rambaldi che si è soffermato sul tema degli effetti speciali nel film, cosa di cui non solo è maestro ma per cui è stato premiato con tre Oscar (e non due come erroneamente è stato presentato dalla nota dell'Ufficio stampa letta dal direttore della XX Century Fox Italia). Rambaldi ha sottolineato come gli effetti speciali basati sulla computer grafica (CSFX) aumentino i costi di produzione e il tempo impiegato per le scene di un film di circa il 40% in più rispetto ai tradizionali effetti meccatronici (SPFX), ma permettono di "girare" scene altrimenti impossibili o spaventosamente costose. Dal punto di vista roboetico ha sollevato una domanda che ha girato al "padrone di casa" dell'evento Gianmarco Veruggio: perché i film di fantascienza insistono sull'antropomorfismo dei robot?

Gianmarco Veruggio da bravo scienziato robotico pur non sminuendo le profonde domande sollevate dal film, ricorda - con enorme buonsenso - che i robot antropomorfi saranno sempre di più una nicchia di mercato poiché è più comodo progettare robot dotati di zampe e cingoli che somigliano a strani animali piuttosto che a esseri umani. Poi si è soffermato su un paio di elementi interessanti, ovvero sul fatto che dei robot bisogna distinguere (e far convivere) due aspetti diversi. Un aspetto funzionale relativo alla questione di come far interagire  i robot in un mondo progettato per essere dotati di due gambe due braccia e pollici opponibili. Un aspetto relazionale relativo al fatto che queste macchine devono interagire con noi, quindi è necessario prevedere delle interfacce che li rendano più usabili (nel senso umano del termine).

Daniela Cerqui ha introdotto il tema del rapporto con la tecnologia, seguendo un punto di vista vicino al controverso principio di precauzione. Inoltre ha evidenziato come il film sia una summa dei temi relativi ai rapporti robot/cyborg e società, e non poteva essere altrimenti dato il suo ambiente di lavoro. Cerqui infatti lavora al dipartimento di Cibernetica (ma li chiamano ancora in questo modo così arcaico?) dell'Università di Reading in Inghilterra, per intenderci lo stesso dipartimento dove lavora Kevin Warwick. Per chi non lo conoscesse Warwick è per la robotica quello che Umberto Eco è per la semiotica: un volto noto, molto "televisivo", di cui i giornali parlano spesso. Tutto merito delle sue ricerche visionarie. Warwick infatti lavora sul tema della fusione uomo/macchina e per questo motivo qualche tempo fa si è guadagnato l'interesse dei media per essersi fatto impiantare un chip nel suo avambraccio.

Chi fra tutti ha avuto l'incipit meno divertente è stato Guglielmo Tamburrini che prima di socializzare le proprie riflessioni ha avuto da dire sulla bruttezza del film. Lo ha trovato brutto a due livelli. Da una parte per via dell'enorme quantità di pubblicità più o meno occulta che costella il film, rivelando così non solo una spaventosa ingenuità dal punto di vista della produzione (poiché qualsiasi matricola di un corso di comunicazione sa che la pubblicità dei prodotti nei film serve per abbattere i costi di produzione, il marketing lo chiama product placement), ma anche una superficialità nei confronti del pubblico, che ormai ha gli anticorpi giusti per godere dei prodotti reclamizzati nel film senza per questo correre a comprarli.... Il secondo livello di bruttezza del film - sempre secondo Tamburrini - è relativo al suo essere semplicemente un brutto poliziesco americano. Qui c'è poco da dire perché questa è un'opinione personale, e in quanto tale lascia il tempo che trova. Nello specifico la riflessione di Tamburrini è stata relativa al tipo di interazioni che possiamo identificare nel film: l'interazione uomo-robot, l'interazione uomo-softbot (ovvero un'intelligenza artificiale priva di hardware specifico), e l'interazione con la bionica. Un'altra riflessione è stata dedicata alla plausibilità del film. Infatti il film presenta alcune proiezioni ragionevoli come il tema dell'adattamento dei robot al mondo umano, e alcune proiezioni irragionevoli come il tema della coscienza dato che noi non solo non sappiamo come programmare la coscienza ma non sappiamo neanche cosa sia. Qui però ho difficoltà ad essere d'accordo con questa posizione. Il fatto che che noi non sappiamo cosa sia la coscienza non vuol dire che da una macchina sufficientemente complessa non possa "emergere" un comportamento cosciente. Così come - mutatis mutandis - 10.000 righe di codice SW perfettamente programmate non impediscono al sistema che implementa tali righe di non funzionare....

Chi ha fatto la parte del leone nella tavola rotonda è stato il pubblico, nella fattispecie i ragazzi chiamati a partecipare alla proiezione (erano presenti diverse classi fra scuole elementari e superiori di Roma ma non solo). Escludendo alcune domande sorprendentemente ingenue - e non tutte provenienti da persone di giovane età - sono emersi temi tutt'altro che "facili": come sviluppare un sistema sociale che permetta la pacifica convivenza  fra robot e disoccupati tecnologici? Come funziona la logica alla base delle leggi della robotica? La radicalizzazione del discorso sulla sicurezza che porta ad una svolta dittatoriale gli NS-5 non somiglia spaventosamente ai discorsi di Bush sul rapporto fra pericolo terrorismo e riduzione delle libertà civili?

In conclusione possiamo dire che l'evento sia perfettamente riuscito, sono emersi un sacco di temi interessanti ed è stata confermata ancora una volta la capacità che ha la fantascienza di porre da un altro punto di vista problemi che solo all'apparenza appartengono al futuro.

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La maledizione di Damien
postato il 10/01/2005 alle 16:43 da
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Ho preso in prestito il titolo di un celebre film horror per raccontare questa curiosissima notizia sulla debolezza umana nei confronti delle macchine antropomorfe.

Three Celebs and a Baby è il nuovo reality show che andrà in onda a partire dal 16 gennaio prossimo su Channel Five e che a tutti gli effetti può essere considerato il primo reality ad argomento tecnoetico (nella fattispecie roboetico).

Infatti lo scopo del reality è quello di mettere alla prova una serie di personaggi famosi alle prese per cinque giorni con pannolini sporchi, pianti notturni, grida a squarciagola e tutte le conseguenze che l'accudire un bambino porta con sé.

Il reality avrebbe toccato il fondo della barbarie televisiva, se non fosse per il fatto che il bimbo da accudire non è un essere umano, ma un sofisticato robot (per la precisione un audioanimatrone prodotto dalla Artem) che simula in tutto e per tutto il comportamento di un bambino di pochi giorni (immagino con particolare cinismo televisivo verso gli aspetti meno edificanti che la vita con un bimbo porta con sé).

La coppia che si dovrà prendere cura nella prima puntata dello show sono Colin McAllister e Justin Ryan, due interior designer già noti al pubblico televisivo di Sua Maestà per una programma TV sugli orrori degli arredamenti delle case inglesi.
Nella settimana successiva i telespettatori di Channel Five si potranno deliziare con le avventure simil-materne della supermodella Caprice Bourret, salita varie volte agli onori delle cronache dei tabloid inglesi.

Fare i genitori non è facile, anche con un bimbo sintetico. Infatti già al secondo giorno del reality, McAllister e Ryan hanno fatto "ammalare" il robopargolo dandogli da mangiare del latte andato a male. Si, perché oltre ad essere rumoroso, il robot sporca i pannolini e deve essere nutrito quasi fosse un bambino vero. Sarà un'ottima prova per quando diventeranno genitori di un bambino reale, dato che hanno in corso le pratiche per l'adozione di un bambino.

La notizia sarebbe già di per sé interessante, ma come se non bastasse c'è un altro elemento che la rende tale. Secondo il Sunday Mail sembrerebbe che il duo di designer abbia avuto non poche difficoltà nel separarsi da Damien (come avevano battezzato il robobimbo) alla fine delle cinque giornate (che potremmo chiamare "Le cinque giornate di Damien").

Potremmo parlare in questo caso di un effetto collaterale del Principio di Galatea, su cui abbiamo già avuto modo di dire.

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Galvan, 2003, la tecnoetica
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Bennato, 2004, Tecnoetica
Moor, 1985, What is computer ethics?
Bynum, 2000, A Very Short History of Computer Ethics
Bynum, 2001, Computer Ethics: Basic Concepts and Historical Overview
Raymond, 1998, The Cathedral and the Bazaar
Ryder, Luddism and neo-luddities
Ryder, Theory of technology
Tarissi, 2004, Imputato robot, si difenda
Joy, 2000, Perchè il futuro non ha bisogno di noi
Garber, 2001, Why Does the Space Shuttle Have Wings?
Milani, 2004, Nano-etica cercasi
Postman, 1992, The judgement of Thamus
Postman, 1992, From Tools to Technocracy
Postman, 1992, From Technocracy to Technoloply

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buon giorno ma esistono veramente gli ns-5 e quando costano

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