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"Dalla scuola ai quarks:
il fascino delle particelle elementari"
Relatore : Tommaso Dorigo

(Università di Padova e Fermilab di Chicago)


Codroipo - 6 ottobre 2000

Abstract:

La fisica delle particelle elementari è raramente trattata nella scuola superiore, ma è possibile avvicinarvisi e comprenderne gli aspetti fondamentali anche senza quel bagaglio di conoscenze che solo studi specialistici forniscono.
In questo seminario si cercherà di tracciare lo stato attuale della ricerca nel settore attraverso una descrizione degli strumenti, delle attività e delle scoperte passate e future dell'esperimento CDF, che analizza le collisioni tra protoni e antiprotoni fornite dall'acceleratore Tevatron, il più potente sincrotrone al mondo.

Cari amici,
      sono qui stasera per cercare, nel mio piccolo, di dare un contributo allo sforzo di "tirare un ponte" tra il mondo della ricerca in Fisica e la società di persone intelligenti e culturalmente "curiose", che vengono normalmente tenute a distanza da una serie di fattori:
- il modo in cui e' strutturata l'istruzione nelle scuole secondarie, che dà poco spazio alla scienza attuale in generale e alla fisica contemporanea in particolare;
- il gergo della fisica, una vera e propria "barriera linguistica", spesso legata a formalismi matematici della massima complessità;
- lo scarso interesse che i ricercatori tipicamente mostrano per la divulgazione - forse dovuta all'esperienza di quanto sia difficile avvicinare i non addetti al mondo sconosciuto delle particelle elementari;
- la mancanza nella stampa e nella TV di un punto di contatto - gradevoli eccezioni pochi periodici che peraltro non si trovano dal barbiere.

Ci sono varie ragioni per cercare di tirare un ponte con la cultura ristretta e specialistica della ricerca pura in fisica delle particelle:
- A mio modo di vedere, sebbene l'Italia abbia una ottima tradizione in questo settore, le nostre risorse non sono sfruttate appieno, e spesso chi fa ricerca tende a "scappare" verso ambienti più ricettivi, dove gli strumenti a disposizione sono migliori, i salari più alti, e c'è maggiore possibilità di fare carriera: una maggiore ricettività verso questo settore renderebbe le cose più facili a noi fisici qui in Italia.
- La fisica delle particelle è affascinante! E' giusto cercare di divulgarla il più possibile. La ricerca pura è necessaria in una società evoluta, in quanto "investimento" per miglioramenti tecnologici che ancora non ci immaginiamo ma che possono essere dietro l'angolo.
- La sensazione di comprendere l'organizzazione del mondo può essere provata solo con lo studio della fisica, della chimica o dell'astronomia a livello avanzato. Purtroppo è come vendere una birra eccellente in mezzo al deserto: pochi si sentono invogliati a venirla a provare.
- L'esplosione di potenza dei computer da tavolo rende vantaggiose soluzioni di calcolo distribuito anche per i grandi laboratori come il CERN: si sta pensando di utilizzare il tempo macchina di computers altrimenti inutilizzati per gran parte del loro tempo tramite la rete, un po' come SETI sta facendo con successo da alcuni anni. Ovviamente, capire un pò di fisica delle particelle può rendere più interessante e stimolante la partecipazione a simili progetti.

Detto ciò, non ho la minima ambizione di convincervi stasera che il vostro prossimo acquisto dev'essere per forza un libro di meccanica quantistica. Diciamo che il mio obiettivo principale è tenervi svegli, e se ve ne andate di qui sapendo cos'è un quark e come lo si studia sarei deliziato.

Due parole sul contenuto di questo seminario:
- Vorrei introdurre la fisica delle particelle citando brevemente tre o quattro scoperte della fisica dei primi anni del 1900. Ci serviranno per capire meglio l'argomento principe della serata, i quarks.
- Non parlerò a lungo delle prime scoperte in fisica delle particelle, entusiasmanti ma complicate. Darò solo una brevissima panoramica, per giungere ai critici anni '70 armati del bagaglio minimo indispensabile.
- Cercherò di convincervi dell'esistenza dei quarks parlando della scoperta del quark charm, avvenuta nel 1974.
- A questo punto faremo una breve visita guidata al Fermilab con delle diapositive sul laboratorio e i suoi acceleratori.
- Poi vi parlerò della scoperta del quark top, che mi ha coinvolto direttamente. Vi racconterò degli strumenti utilizzati, cercherò di spiegare come funziona un acceleratore di particelle e il rivelatore usato per la scoperta, CDF.
- Infine se avremo tempo parleremo brevemente del bosone di Higgs e delle prospettive per la sua osservazione nei prossimi anni.

Come sapete, la fisica si occupa del tentativo di comprendere le leggi della natura. L'uomo ha sempre cercato di rispondere agli interrogativi che gli si ponevano innanzi. E la soluzione dei problemi ha sempre portato alla scoperta di altri, più difficili, ostacoli. Vedremo stasera l'esempio più eclatante di questo "infinito corridoio" fatto di porte che una volta aperte ne rivelano altre, nella ricerca della struttura intima della materia.

Alla fine del secolo scorso enormi balzi in avanti nella comprensione della struttura della materia furono compiuti da scienziati come Avogadro, Mendelejev, Boyle, ... . Essi compresero come la materia era fatta di molecole di vari elementi, dotati di distinte caratteristiche e proprietà, alcune delle quali facilmente calcolabili a partire da leggi macroscopiche. Semplici leggi erano state trovate per descrivere il comportamento di elementi e composti chimici, ma l'importante era aver compreso il nesso fra queste leggi e la struttura sottostante.
In particolare, la tavola periodica degli elementi rifletteva la "summa" di una risposta a lungo cercata. La tavola aveva elementi predittivi in se': come in un puzzle cui manchino solo alcuni pezzi, di questi si intravvede già la forma e se ne indovina il colore.

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Immagine 1 - La tavola periodica degli elementi come si conosce oggi; venne ideata da Mendelejev per inquadrare le proprietà mostrate dagli elementi chimici (fonte http://www.chemicalelements.com/). Cliccando l'immagine visualizzerete una seconda tavola periodica, la quale riporta le famiglie e i numeri atomici degli elementi (fonte FNAL).

Mi soffermo su questa tavola solo per chiarire l'importanza dell'aver compreso uno schema per chi fa ricerca: il lavoro di indagine diventa un gioco da ragazzi una volta che la struttura di base, "le regole della partita", sono chiarite.

A cavallo del secolo vengono scoperti l'elettrone e il nucleo. Sono entrambe scoperte largamente inattese. Thompson scopre l'elettrone studiando i "raggi catodici", in particolare dimostrandone la natura corpuscolare e misurandone il rapporto tra carica elettrica e massa.
Non ne parlerò qui, ma vi faccio solo notare che lo strumento usato da Thompson altro non è che il più semplice acceleratore di particelle immaginabile. Uno che avete tutti in casa, un tubo catodico, la TV.

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Immagine 2 - L'esperimento realizzato da J. J. Thomson nel 1895 (fonte Tommaso Dorigo).

Più avanti vi mostrerò delle foto dei "tubi catodici" che usiamo oggi per studiare le particelle. Non entrerebbero nel vostro soggiorno, anzi la terra sta diventando troppo piccola per le macchine che noi sogniamo di poter realizzare.

Rutherford, nel 1905, svela la struttura dell'atomo studiando lo scattering di particelle da parte di un sottile bersaglio d'oro: si aspetta che le particelle , cariche positivamente, siano solo leggermente deflesse nell'attraversamento, perché il modello dell'atomo più in voga al momento lo vede fatto a "panettone", elettroni immersi in una pasta positiva.
Con immenso stupore se ne vede rimbalzare indietro una buona parte: con le sue parole "fu la cosa più straordinaria della mia vita. Era come sparare cannonate a un foglio di carta velina e vedersele rimbalzare addosso!". Le particelle di Rutherford subivano, di tanto in tanto, uno scontro con qualcosa di duro nell’atomo, da cui rimbalzavano indietro: il nucleo atomico.

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Immagine 3 - L'esperimento realizzato da Rutherford nel 1905 (fonte Tommaso Dorigo).

L'importanza dell'esperimento di Rutherford non può essere sottovalutata, perché il metodo usato per sondare la materia (lo "scattering"), è ancor oggi il nostro pane quotidiano, come vedremo.

Un ultimo accenno alla fisica dell'inizio del '900 è necessario per farne riferimento più avanti: si tratta dell'analisi dello spettro di emissione delle sostanze chimiche. Se uno prende dell'idrogeno, o un'altra sostanza vaporizzata, e lo sottopone ad un alto campo elettrico, ne puo' studiare lo spettro di emissione. Questo è fatto di "multipletti" di "righe": all'idrogeno (come ad ogni altro elemento) piace emettere luce di particolarissime lunghezze d'onda, organizzate in sequenze di poche unità. Queste vengono misurate con precisione, e si trovano dei numeri che all'apparenza sembrano del tutto casuali. Ad esempio una sequenza è:
656.3, 486.1, 434.0, 410.1, 397.0 angstrom.

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Immagine 4 - Esempio di alcuni spettri di righe; in ascissa la lunghezza d'onda in Angstrom (fonte FNAL)

L'origine di queste righe spettrali resta un mistero, e in molti cercano di trovare una legge in grado di produrre questi valori. Chi fa bingo è Balmer, un appassionato svizzero, che scopre la semplicità nascosta in questi numeri:



Tabella 1: serie di Balmer
Lunghezza Fattore moltiplicatore schema d'onda comune ----------------------------------------------- 656.3 364.6 9/5 32/(32-22) 486.1 364.6 16/12 42/(42-22) 434.0 364.6 25/21 52/(52-22) 410.1 364.6 36/32 62/(62-22) 397.0 364.6 49/45 72/(72-22)

Se le lunghezze d'onda soddisfano questo semplice schema, ci dev'essere qualche semplice legge a determinarle. La legge viene scoperta in termini di due "numeri quantici", che determinano l'estensione e lo schiacciamento delle orbite possibili per l'elettrone attorno al nucleo. E ben presto il modello di Bohr-Sommerfeld prima e i progressi teorici della meccanica quantistica poi arrivano a spiegare perché l'elettrone occupa solo ben determinate "orbite". Le righe spettrali altro non sono che il risultato dell'emissione di fotoni di ben determinata energia, prodotti quando l'elettrone "balza" da uno stato quantico ad un altro: se Ei e Ef sono le energie dei due stati, il fotone avrà lunghezza d'onda corrispondente all'energia rilasciata:

Quindi la struttura a righe riflette la particolare meccanica delle orbite elettroniche: quantizzate, e governate da regole di selezione che permettono solo alcune transizioni ma non altre. La struttura dell'atomo è dunque chiarita.
Tutto ciò lo abbiamo studiato al liceo, anche se forse molti di noi se ne sono dimenticati (vi confesso, anch'io non ricordo più la formula!) La cosa straordinaria è che queste nozioni si riveleranno fondamentali per convincerci dell'esistenza dei quarks!

Bene. Sarebbe per me molto divertente parlarvi per ore dei progressi che hanno portato la fisica dalla scoperta dell'atomo alle particelle elementari. Magari un'altra volta. Ora che abbiamo messo a fuoco quattro ingredienti fondamentali del lavoro dei fisici sperimentali dei primi anni del secolo scorso (mamma mia! Siamo davvero in un altro secolo?) dobbiamo invece fare un balzo in avanti, così che potremo concentrare la serata sulle cose che ancora nei libri di scuola purtroppo non ci sono.

Mi limiterò a parlare degli sviluppi della fisica delle particelle dal 1900 al 1970 in un diagramma di flusso: ci soffermeremo poi solamente su come nasce l'idea dei quarks. Se poi qualcuno di voi ha qualche curiosità da soddisfare lo potremo fare dopo la conferenza.

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Immagine 5 - Diagramma delle scoperte delle particelle subnucleari dal 1880 al 2000 (fonte Tommaso Dorigo).

Dopo la scoperta di elettrone (e-) e protone (p), cui si aggiunge il neutrone (n, scoperto nel 1932 da Chadwick) e l'ipotesi del neutrino () arriva il colpo di genio di Fermi, che descrive il decadimento come un'interazione fra quattro "campi". Mentre dal punto di vista teorico si cerca di inquadrare e descrivere le interazioni ("forze") responsabili della stabilità dei nuclei e del loro decadimento, lo studio sperimentale si rivolge ai raggi cosmici, con la scoperta del muone e dei mesoni e K.
Le domande diventano ben presto molte e pressanti, e la teoria rincorre faticosamente le molte scoperte degli anni '30-'50, grazie all'avvento dei primi acceleratori, con i quali si inizia ad essere in grado di produrre nuove particelle dalle collisioni ottenute fra protoni e bersagli fissi (ancora lo "scattering").
Ben presto il quadro delle particelle "elementari" è talmente complicato e ampio che diventa logico e necessario cercare una struttura soggiacente, per semplificarne la descrizione.

A questo punto è forse necessario che vi dica qualcosa che avrei dovuto spiegare fin dall'inizio: cosa vuol dire "elementare". Quando si parla di particella elementare si intende qualcosa di ben preciso. Innanzitutto chiariamo un dubbio: elementare qui non vuol dire semplice da capire, tutt'altro! Alcune delle proprietà dei quarks che vedremo più avanti sono anzi piuttosto contrarie al senso comune. Quello che si intende è:
- elementare: che non può essere scisso o ridotto in costituenti.

Ora, ai fisici - come ai matematici - piace la semplicità. L'atomo piace perché con tre corpi (e, p, n) organizzati in modi diversi si spiega in blocco la Tavola di Mendelejev, la chimica e la struttura della materia, e scusate se è poco. Capite bene che crea disagio un mondo fatto di tantissime diverse particelle, il cui ruolo non è chiaro. Questa è la sfida, dunque: semplificare la descrizione del mondo.

Negli anni '60 si conoscono molte dozzine di particelle. Il loro comportamento è governato da tre forze fondamentali: elettromagnetica, forte (responsabile della stabilità nucleare) e debole (responsabile dei decadimenti radioattivi) (la gravità è troppo debole e la si trascura).
Non si conosce in dettaglio il funzionamento delle ultime due, ma fenomenologicamente molte cose si possono comunque calcolare.

A parte il protone, il neutrone e l'elettrone (e le loro antiparticelle), tutte le particelle note sono altamente instabili: appena create, "decadono" in corpi più leggeri e stabili. Si va dal neutrone stesso, che se lasciato libero si trasforma in un protone, emettendo un elettrone e un neutrino dopo 900 secondi, a varie particelle più o meno esotiche che decadono in tempi inferiori a 10-20 secondi! Come si misurano questi tempi infinitesimi?
Be', indirettamente, dalla misura della loro massa, a sua volta dedotta dall'energia delle particelle create nel decadimento. Ne parleremo poi, tempo permettendo.

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Immagine 6 - Ricostruzione al computer delle tracce lasciate da una collisione fra particelle; cliccando l'immagine l'aprirete a 2454 x 1938 pixel. (fonte FNAL)

Una piccola digressione sui metodi di rivelazione: in questi anni va per la maggiore la "camera a nebbia": sottoponendo un vapore soprasaturo a decompressione, minuscole goccioline si formano lungo la traiettoria delle particelle cariche, che ionizzano il gas attraversandolo. Misurando con precisione queste traiettorie, opportunamente fotografate in sincronia con la decompressione, si è in grado di ricostruire le traiettorie. Se poi la camera è immersa in un campo magnetico, la curvatura delle tracce fornisce misura della velocità delle particelle, e quindi permette di ricostruire caratteristiche come la massa delle particelle decadute.

Le particelle conosciute a questo punto si dividono in mesoni e barioni: questi ultimi hanno una proprietà detta " numero barionico", pari a 1, zero o -1.
Questo si conserva additivamente nelle reazioni: se ho due protoni che si scontrano (numero barionico = 2), dovrò avere due anche alla fine, tenendo conto degli antibarioni che contano -1. Ad esempio, per produrre antiprotoni devo fare

                                       _

                 P + P -> P + P + P +  P

                 1   1    1   1   1   -1

mentre                         _

                 P + P -> P +  P 

                 1   1    1   -1

non andrebbe bene e infatti non succede (non si conserva il numero barionico).

Immagine 7 - Esempio di osservazione di una reazione in camera a bolle: un pione, incidendo su un protone, produce due particelle neutre, dotate di stranezza, che entrambe decadono quasi subito (ma in termini microscopici si tratta comunque di un tempo lungo) in due corpi carichi. La reazione completa è: -> -> ( + ) + ( ). I pioni incidono da sinistra e molti attraversano la lastra senza interagire (fonte FNAL).
Un'altra interazione la potete guardare cliccando qui.

Camera a bolle: 7 KB

Alcune di queste particelle sono dotate di "stranezza": sono strane perché vengono prodotte in grande abbondanza (tramite la forza forte) nelle collisioni create dagli acceleratori, ma decadono molto lentamente (in senso relativo!) tramite l'interazione debole.
Questo, per i fisici, è strano: la meccanica quantistica prescrive una proporzionalità stretta fra probabilità di creare una particella e la sua probabilità di decadere. Come dire che sono pochi i trapiantati di cuore che vivono a lungo. Invece esiste una classe di particelle che si discosta da tale legge. E la proprietà interessante è che di queste particelle se ne può solo produrre due alla volta, mai una sola: si interpreta ciò con una "legge di conservazione della stranezza", cioé che se ho due protoni e li scontro fra loro, posso sì creare particelle "strane", ma solo due alla volta, cosicchè la loro stranezza si cancelli.

                                 _

            P + P -> P + P + K + K

 

            0   0    0   0  +1  -1

A questo punto Murray Gell-Mann ipotizza una struttura soggiacente: i mesoni e i barioni non sono altro che l'unione di due o tre quarks, aventi numero barionico 1/3 e -1/3, stranezza +1,0,-1, e cariche elettriche +2/3, -1/3 (e opposti).
Up (u), Down (d), Strange (s)
sono i nomi loro assegnati.

Questo permette di inquadrare tutte le particelle note in strutture a "multipletti". Il nome, mutuato dalla terminologia spettroscopica, vi deve mettere in guardia.



Tabella 2: proprietà di alcune particelle
protone = u u d carica +1 +2/3 +2/3 -1/3 n.bar. +1 +1/3 +1/3 +1/3 stranezza 0 0 0 0 neutrone = u d d carica 0 +2/3 -1/3 -1/3 n.bar. +1 +1/3 +1/3 +1/3 stranezza 0 0 0 0 barione = u d s carica 0 +2/3 -1/3 -1/3 n.bar. 1 +1/3 +1/3 +1/3 stranezza 1 0 0 1 _ mesone = u d carica +1 +2/3 +1/3 n.bar. 0 +1/3 -1/3 stranezza 0 0 0 _ mesone K0 = d s carica 0 +1/3 -1/3 n.bar. 0 -1/3 +1/3 stranezza -1 0 -1 _ mesone = s s carica 0 -1/3 +1/3 n.bar. 0 1/3 -1/3 stranezza 0 1/3 -1/3 Esempi di multipletto: un ottetto di mesoni a spin zero

Lungo l’asse verticale si hanno tre famiglie, la prima (K0, K+) a stranezza -1, la seconda ha stranezza zero, la terza (K-, anti- K0) ha stranezza +1. Lungo l’asse determinato dalle famiglie (K+, ), (K0, , anti-K0) e (, K-) è invece la carica elettrica la quantità costante (rispettivamente +1,0 e -1); lungo il terzo asse le particelle hanno costante il numero di quarks down (uno i e K0, zero e -1) le altre due famiglie. Simili costruzioni si hanno per altri ottetti di mesoni e barioni, e per vari decupletti di barioni.
Un altro esempio di ottetto e decupletto barionico li potete vedere cliccando il link precedente.

Tutto ciò è indubbiamente molto elegante. Ma i quarks non sono presi sul serio ("artificio matematico" è il lingo più usato a quel tempo, da Gell-Mann stesso. Tuttavia ad Harvard alcuni teorici (Glashow, Iliopoulos e il nostro Luciano Maiani) si spingono ad ipotizzare che, se i quarks vanno presi sul serio, non possono essere solo tre: ne servono almeno quattro, per avere accordo con i dati sperimentali che indicano l'assenza di un particolare decadimento dei mesoni K neutri. Il quarto quark, charm, deve avere massa superiore ai primi tre e carica +2/3.

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Immagine 8 - Il meccanismo "GIM" non permette il decadimento di un mesone K neutro () in due muoni ( ) (fonte Tommaso Dorigo).

Nel 1974 due esperimenti, a Brookhaven e SLAC, indipendentemente scoprono una nuova particella la , subito seguita da altre con caratteristiche simili. Si tratta di una rivelazione: per massa e caratteristiche fisiche, la viene subito riconosciuta come uno stato legato di due nuovi quarks, charm e anticharm. Il modello a quattro quarks funziona.
N.d.R.:Cliccando qui visualizzerete una finestra sul quark charm, mentre con questo link vi presento un grafico dell'energia che mostra i picchi corrispondenti alla particella.

Come posso convincere anche voi che queste particelle sono reali? Con la spettroscopia. Ricordate, la natura dell'atomo di idrogeno (un elettrone che orbita attorno a un protone in ben determinate orbite, governate da due numeri quantici) si manifesta nel suo spettro di emissione: ebbene, lo spettro di emissione altro non è che la carta d'identità delle "transizioni" permesse all'idrogeno. E' l'elettrone che, saltando da un'orbita all'altra sotto l'eccitazione del campo elettrico, genera queste emissioni di luce. Similmente (anche se a voi può sembrare un po' diverso), nei decadimenti di queste particelle "con charm", solo alcune transizioni sono permesse, e queste generano un rilascio di energia pari alla differenza di massa fra stato iniziale e finale. Ebbene, se uno fa un grafico delle transizioni osservate fra queste particelle, si accorge che quello che ottiene è identico a quanto visto nell'idrogeno!

Il mondo riconosce la natura reale di queste entità, e subito parte la ricerca di un quinto e di un sesto quark. Già, perché ora che si è chiarita la loro natura, sei quarks sono meglio di quattro. Sono meglio perché permettono di inquadrare nel quadro teorico la mancanza della simmetria "CP" nelle interazioni deboli, osservata già nel 1964 ma allora non riconosciuta come un indicatore della esistenza dei quarks.
Cio' ci porterebbe troppo fuori dal cammino che ho deciso di prendere.

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Immagine 9 - Le famiglie delle particelle elementari. In alto a sinistra potete vedere colorati in rosa i sei quarks, mentre sotto a sinistra ci sono i sei leptoni. A destra, colorati in azzurro, ci sono le quattro particelle mediatrici delle forze, il fotone (per la forza elettromagnetica), il gluone (per la forza forte) e i due bosoni vettori W e Z0 (per la forza debole).
Le colonne verticali identificate sotto come I, II e III rappresentano le famiglie di particelle elementari, formate da due quarks e due leptoni; la materia ordinaria è tutta formata dalle particelle della prima famiglia e dai loro mediatori di forza. (fonte FNAL)

Il Fermilab

Arriviamo con ciò a parlare di Fermilab, che è il laboratorio dove io lavoro e dove sono stati scoperti il quinto ed il sesto quark, rispettivamente nel 1977 e nel 1995. Per darvi un po' di tregua prima di raccontarvi di queste due scoperte, facciamo un "tour" virtuale del laboratorio.

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Immagine 10 - Stato dell'Illinois nel riquadro in alto a sinistra, la città di Chicago e i suoi dintorni; il Fermilab viene indicato dalla freccia nera. (fonte FNAL)

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Immagine 11 - L'area circostante il Fermilab e le strade interstatali, statali e locali da percorrere per raggiungerlo. (fonte FNAL)

Fermilab: 56 KB

Immagine 12 - Piantina dell'area del Fermi National Accelerator Laboratory - FNAL (comunemente chiamato "Fermilab"). (fonte FNAL)

Immagine 13 - Visione da satellite del Fermi National Accelerator Laboratory - FNAL (comunemente chiamato "Fermilab"). Si individuano l'anello principale dell'acceleratore Tevatron, l'anello secondario (Main Injector) e le facilities della parte a targhetta fissa. (fonte FNAL)

Fermilab: 56 KB

Wilson Hall: 20 KB
Wilson Hall: 14 KB

Immagine 14 - A sinistra la Wilson Hall, progettata da R.R.Wilson, al tramonto. A destra: un tipico "abitante" pennuto della zona; sullo sfondo la struttura architettonica. (fonte FNAL)

Edificio: 12 KB
Bisonti: 22 KB
Anatre: 50 KB

Immagine 15 - A sinistra in alto: un altro edificio caratteristico; a sinistra in basso: molti bisonti vivono allo stato brado nei parchi dell'area del Fermilab. A destra: ricchi stormi di anatre abitano le zone limitrofe. (fonte FNAL)

Acceleratore Tevatron: 44 KB

Immagine 16 - Veduta aerea del Tevatron: in primo piano l'anello principale. (fonte FNAL)

Fermilab: 12 KB Fermilab: 20 KB

Immagine 17 - Al Fermilab vi sono diverse strutture interessanti dal punto di vista architettonico: a sinistra c'è la "pagoda". (fonte FNAL)

Main Injection: 22 KB

Immagine 18 - I fisici della beams division e una veduta del tunnel del Main Injector. (fonte FNAL)

La scoperta del quark Top

Dopo questa parentesi "paesaggistica" torniamo ai quarks. L'entità della scoperta del charm e della "rivoluzione di novembre" si rivela nella possibilità d'inquadrare tutte le particelle veramente elementari, e le forze che esse risentono, in un modello teorico enunciato nel 1967: il "Modello Standard" di Glashow, Salam e Weinberg.

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Immagine 19 - Schema delle tre famiglie di quarks e leptoni (fonte FNAL)

Ai sei quarks vanno affiancati i sei leptoni (l'elettrone e due altre particelle simili ma più pesanti e instabili, il mu e il tau , più tre corrispondenti "neutrini" , particelle di massa praticamente nulla create in grande quantità nella fusione nucleare all'interno delle stelle).

Queste dodici particelle (e le loro dodici antiparticelle) risentono di tre forze fondamentali: l'interazione elettromagnetica, caratterizzata dallo scambio di fotoni (la luce), è sentita da tutte le particelle con carica elettrica.
L'interazione debole, caratterizzata dallo scambio di bosoni W e Z (quelli scoperti da Carlo Rubbia nel 1983 al CERN di Ginevra, ma già indirettamente "visti" nel 1973 sempre al CERN), è sentita da tutti i quarks e leptoni, che hanno associata una "carica debole".
L'interazione forte, infine, è prerogativa dei soli quarks, ed è mediata da otto "gluoni", particelle a massa nulla che legano insieme i quarks a formare mesoni e barioni. Quest'ultima forza è così forte che rende impossibile l'isolamento dei quarks: al contrario della forza elettromagnetica, la forza forte aumenta con la distanza dei corpi. I quarks risentono di questa forza grazie ad una speciale carica di colore: ciascun quark ha un "colore", schematicamente pensabile come rosso, giallo o blu, e crea materia ordinaria senza colore combinandosi in tripletti (i barioni) rosso-giallo-blu o antirosso-antigiallo-antiblu, o in doppietti (i mesoni) del tipo colore-anticolore.

Immagine 20 - Schema delle particelle del Modello Standard, completo dei vettori delle tre interazioni fondamentali da esso descritte. (fonte FNAL)

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Al Fermilab nel 1977 viene usato il fascio di 800 GeV di protoni per cercare stati finali contenenti due muoni: è questo il "segnale" atteso per il decadimento di uno stato legato b-bbar, la particella upsilon , che in analogia alla segnala la scoperta del quinto quark (il beauty/bottom).
In effetti, dopo lunghe ricerche, viene osservato il caratteristico picco di risonanza di questa particella. Leon Lederman verrà più tardi insignito del premio Nobel, come Richter e Ting per il quark charm prima di lui.

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Immagine 21 - A sinistra:
schema dell'esperimento;
a destra: immagine del rivelatore.
(fonte FNAL)

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Immagine 22 - A sinistra: spettro di massa delle coppie di muoni. Su un background che cade esponenzialmente con la massa, si nota un eccesso di eventi piccato a un particolare valore (al centro). Una maggiore quantità di dati (a destra) permette di osservare i tre picchi caratteristici dei tre stati Upsilon (1s, 2s e 3s). (fonte FNAL)

E veniamo al quark top. Una volta osservato il quark beauty, il top non può che esistere: i teorici sono tutti d'accordo. Già, ma la sua massa non è calcolabile da principi primi, e se questa è troppo alta non si riesce a crearlo nelle collisioni che gli acceleratori forniscono. La gara a raggiungere energie di collisione sempre più alte porta Carlo Rubbia a realizzare un'idea da tempo accarezzata: invece di scontrare protoni in moto contro protoni fermi, perché non far scontrare testa a testa queste particelle?

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Immagine 23 - Le particelle possono venire creare mediante due procedimenti: facendo collidere un protone su di un bersaglio fisso, oppure facendo scontrare frontalmente un protone e un antiprotone (fonte FNAL).

Il guadagno di energia per collisioni frontali è notevolissimo: se si scontrano protoni da 640 GeV con protoni fermi l'energia a disposizione per creare nuovi stati è pari a 36 GeV, mentre se si scontrano uno contro l'altro protoni e antiprotoni che viaggiano ciascuno a 640 GeV l'energia totale a disposizione è di 1280 GeV!
Tuttavia, la sfida tecnologica è difficilissima: bisogna prima creare antimateria (antiprotoni) facendo scontrare protoni su un bersaglio e raccogliendola, incanalandola e poi iniettandola in senso contrario nello stesso anello ove circolano i protoni. E bisogna crearne tanta, altrimenti di collisioni se ne vedono ben poche. Inoltre bisogna mantenere i fasci in orbite estremamente collimate (dimensioni trasversali di poche decine di micron) perché più alta è la rarefazione e meno collisioni si ottengono.
All'inizio degli anni '80 al CERN di Ginevra si riesce nell'intento, grazie all'impaccamento stocastico ideato da Simon Van der Meer, il quale con Carlo Rubbia vincerà il Premio Nobel per la fisica 1984; essi riescono a far funzionare una simile macchina, e i risultati non si fanno attendere. I bosoni W e Z, la cui massa prevista li fa pensare raggiungibili dalla nuova macchina del CERN, vengono effettivamente scoperti nel 1983. E' un trionfo del Modello Standard, ma a Rubbia rimane un cruccio: il quark top non si vede. Se esiste, è troppo pesante perché la macchina del CERN possa produrlo.

Oltreoceano, al Fermilab si progetta il Tevatron: stesso concetto, ma energia tre volte maggiore: l'obiettivo di scoprire il quark top è dichiarato.

Ok, ma come funziona un acceleratore di particelle? Bene, è giusto spendere cinque minuti per parlarne. Il principio di base è che una particella carica elettricamente viene accelerata se sottoposta a un campo elettrico del segno giusto. Quindi uno può mettere tanti dispositivi che creino alti campi elettrici e farli attraversare dalle particelle: se i segno del campo è in sincronia con il passaggio della particella, si ha una accelerazione.
Tuttavia è molto dispendioso fare una macchina di questo genere: ogni dispositivo viene usato una volta sola per ogni protone.

In un campo magnetico uniforme le traiettorie non sono rette ma cerchi. Allora si può far tornare i protoni al punto di partenza. Ma servono magneti potentissimi per fare ciò, tanto più potenti quanto maggiore è l'energia dei protoni e la curvatura che si vuol ottenere.

In breve, quello che si fa è prendere idrogeno gassoso, tirargli via gli elettroni e spedire i protoni così ottenuti in una catena di acceleratori in grado di raggiungere energie sempre più alte (perché ogni macchina lavora bene solo in un certo range di energie). I protoni vengono accelerati fino a un'energia pari a 150 GeV, dentro una sottile camera a vuoto nel cuore dell'acceleratore; in gruppi vengono estratti, scontrati con un bersaglio di berillio, e gli antiprotoni creati vengono immagazzinati e poi ricircolati in senso opposto. L'accelerazione aumenta fino a raggiungere il massimo permesso dalla macchina, e i due fasci vengono fatti incontrare per produrre collisioni a 1800 GeV. L'energia totale trasportata da questi fasci di protoni (molti miliardi di protoni per fascio) corrisponde a un tir a tutta velocita'!

Un acceleratore potente è necessario, ma non sufficiente allo scopo. Tra il 1980 e il 1985 viene costruito un rivelatore, CDF, fatto apposta per questa sfida. E nel 1987 si comincia a raccogliere dati.
Vediamo un pò come è fatto CDF.

Immagine 24 - Il rivelatore CDF nella sala di assemblaggio, con i calorimetri (archi neri) estratti per eseguire manutenzione. (fonte FNAL)

Esperimento CDF: 59 KB

Le collisioni che cerchiamo producono coppie di quarks top. Questi oggetti sono estremamente massivi (oggi sappiamo che ciascuno pesa più di un intero atomo d'oro, cioé circa 200 la volte la massa del protone), e decadono producendo fiotti di particelle più leggere. Dobbiamo costruire un rivelatore in grado di ricostruire ogni dettaglio di queste catene di processi, e di raccogliere i dati a una frequenza di 280.000 al secondo: tale è la frequenza di collisioni garantite dall'acceleratore. Si tratta di centinaia di migliaia di canali di elettronica da leggere in una frazione di secondo. Un'impresa senza dubbio titanica. Ma vediamo cosa ci serve in particolare.

Quark Top: 23 KB

Immagine 25 - Schema di annichilazione di un protone e un antiprotone con la formazione di un quark Top e il suo antiquark

Il quark top decade appena viene creato, in un quark beauty e un bosone W, e siccome è pesante impartisce grande energia a queste particelle.
Il quark beauty crea un fiotto di adroni (tipicamente una dozzina) che si allontanano dalla collisione mantenendo la direzione originaria del quark: si tratta di un "jet" di particelle.

Il bosone W decade in due ulteriori jets, oppure in una coppia leptone carico + neutrino. Mentre il leptone carico può essere individuato da dispositivi progettati ad hoc, il neutrino non interagisce in alcun modo, e sfugge non visto. Pensate che ogni secondo siete attraversati da miliardi di neutrini, prodotti dal sole e dalle altre stelle, ma è invece raro che uno di essi si scontri con uno dei protoni o elettroni di cui siete fatti (e non ve ne accorgereste comunque).

Riassumendo, cerchiamo un processo di questo tipo:

   

p pbar ->  t tbar + X -> 2(b-jet) +   jet jet jet jet

                                     jet jet  l  

                                       l      l   
Queste sono le "segnature" possibili.

Immagine 26 - Lo scontro di due fasci (uno di protoni con uno di antiprotoni) può far collidere un protone con la sua antiparticella. In questo caso, ma molto raramente, ci può essere la creazione di una coppia di quarks Top e Antitop, i quali, a loro volta, decadono producendo un quark Bottom e un bosone vettore W+ e un antiquark Antibottom e un bosone vettore W-. Questi, a loro volta, decano in breve tempo nelle altre particelle segnate in figura (fonte FNAL).

Scontro fra particelle: 15 KB

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Immagine 27 - Visione schematica ad albero della collisione rappresentata nella figura precedente; i due quarks top e antitop decadono nelle particelle raffigurate. (fonte FNAL)

Dunque ci serve un rivelatore in grado di:
- identificare e misurare l'energia di elettroni e muoni;
- identificare e misurare l'energia dei jets;
- identificare la presenza di b-quarks in un jet.

Va detto che queste richieste sono necessarie e critiche per un motivo ben preciso. Quando si scontrano tra loro protoni e antiprotoni, può succedere di tutto. I due corpi possono rimbalzare l'uno contro l'altro elasticamente, ma ad alta energia quello che si scontra è un costituente del protone con un costituente dell'antiprotone. Queste collisioni possono dar vita a jets, o creare bosoni W, o jets contenenti b-quarks, o creare coppie di quark top. Ciascun processo ha una ben determinata probabilità d'avvenire, e noi fisici parliamo di sezione d'urto, come se tagliassimo il protone a fettine e dicessimo "qui si produce il top, qui il W...". Capita che i processi più interessanti sono sempre quelli meno probabili: solo una volta ogni cento miliardi si produce il quark top! Tutto il resto è "background", e va eliminato selezionando le collisioni che hanno le caratteristiche cercate. Produrre un elettrone o un muone è una cosa rara per una collisione, così è importante saper identificare queste particelle in maniera chiara. Produrre b-quarks è anch'esso raro, specialmente se in associazione con elettroni e altri jets.
Quindi ci serve identificare i quarks b. Senza entrare troppo nei dettagli, questi particolari jets sono selezionati ricostruendo il mesone che contiene il quark b.

Rivelatore CDF: 8 KB

Immagine 28 - Questo è uno spaccato di un quarto del rivelatore CDF (il quale ha una simmetria cilindrica e destra-sinistra). (fonte FNAL)

Il rivelatore CDF è fatto a strati: ogni strato ha un compito ben preciso. Lo strato più interno è fatto di sottili rivelatori al silicio, che misurano la traiettoria delle particelle cariche che li attraversano con precisione di una decina di micron. Sono fondamentali per identificare i b-quarks.

Immagine 29 - Il rivelatore è realizzato da varie griglie di sottilissimi filamenti conduttori a tramature ortogonali, immersi in gas e soggetti a un forte campo magnetico che devia le particelle cariche; esso determina la traiettoria delle particelle che entrano nel secondo rivelatore. (fonte FNAL)

Rivelatore CDF: 8 KB

Al di fuori di questo, c'é un grande volume riempito di gas in cui sono tirate varie migliaia di fili sottilissimi: essi raccolgono gli elettroni prodotti nella ionizzazione del gas quando le particelle lo attraversano, e permettono una ulteriore ricostruzione delle tracce cariche.
Il tutto è immerso in un potente campo magnetico, così le particelle curvano e l'entità della loro curvatura permette di sapere qual'è la loro velocità e quindi la loro energia.

Jet di particelle: 10 KB

Immagine 30 - Come viene analizzato il jet di particelle generato da una collisione (fonte FNAL)

Poi ci sono i calorimetri, che misurano l'energia sia delle particelle cariche che di quelle neutre facendole scontrare e "rompere" contro un muro di ferro e piombo, finemente intervallato da materiale sensibile. I calorimetri misurano l'energia dei jets, e sono in grado di identificare gli elettroni.
Al di fuori di questo "muro" solo i muoni sono capaci di addentrarsi: basta allora avere dei generici rivelatori a gas, con fili sensibili, per identificare queste particelle.

Jet di particelle: 9 KB

Immagine 31 - Il jet di particelle emesso da un evento tipo; la spiegazione del fenomeno è riportato nella didascalia dell'immagine sotto. (fonte FNAL)

Jet di particelle: 10 KB

Immagine 32 - Gli elettroni interagiscono subito con materiali ad alto numero atomico (piombo) e creano un deposito energetico localizzato. I jets adronici invece interagiscono più in profondità e con rilascio energetico molto diffuso. I muoni attraversano senza interagire grosse quantità di materia e sono i soli a rilasciare un segnale in un rivelatore posto a valle di questa (fonte FNAL)

Dopo un run a bassa statistica nel 1987-88, nel 1992 CDF ha cominciato a raccogliere dati con il nuovo rivelatore al silicio. Questo strumento, sviluppato in gran parte a Pisa e Padova, si è rivelato cruciale per la scoperta del top. Infatti, il background più fastidioso agli eventi cercati è costituito da produzione di bosoni W in associazione con molti jets:

Questo background è più frequente del segnale cercato, e rende difficile dire che una collisione ha davvero prodotto i quarks top. Ma se si richiede entro uno o due jets il segnale di quark b, "figlio" del quark top, il gioco è fatto. Il background è estremamente ridotto, e i pochi eventi che si raccolgono possono essere ricostruiti. Misurata l'energia di elettroni, muoni e jets, si può risalire all'ipotetica massa del quark top se è proprio questo che decadendo ha prodotto ciò che si è osservato.
Mettendo poi in un istogramma le masse ricostruite, si osserva un picco caratteristico della ricostruzione della particella cercata.

Statistica quark Top: 8 KB

Immagine 33 - Istogramma in grassetto: lo spettro di massa degli eventi selezionati da CDF nel canale di leptone singolo (W + 4 jets, di cui almeno uno contenente un vertice secondario); istogramma punteggiato: attesa da eventi di fondo; istogramma tratteggiato: somma dei processi di fondo più il segnale di top quark atteso. La curva in alto a destra mostra che il valore più probabile della massa del quark top è 175 GeV. E' possibile vedere un altro grafico in formato ".ps" cliccando qui. (fonte FNAL)

Con accurate simulazioni è poi possibile prevedere il comportamento del rivelatore nel misurare i prodotti delle collisioni. Esistono programmi raffinati che contengono tutte le nostre conoscenze sui meccanismi che avvengono nelle collisioni, nella creazione dei quarks, nel loro decadimento in particelle più stabili, e nella interazione di queste con i rivelatori. Questi programmi, chiamati Monte Carlo, permettono di verificare che ciò che si osserva è effettivamente in accordo con le previsioni. Di più: questi programmi sono usati "a priori" per determinare una strategia di analisi dei dati prima di avere a disposizione i dati veri e propri: in questo modo si è sicuri di non aver commesso errori o involontariamente "manipolato" i dati per ottenere quello che si voleva.

Noi fisici siamo particolarmente attenti, quando diamo annuncio di una nuova scoperta, a quantificare la probabilità che quello che si è osservato sia dovuto a una fluttuazione statistica piuttosto che alla osservazione di un nuovo fenomeno. Già, perché non è mai possibile essere certi di alcunché: immaginate di tirare venti volte un dado e fare venti volte sei. Immagino che concludereste che il dado è truccato (lasciando perdere spiegazioni occultistiche).
Ebbene, per essere più precisi dovreste dire: la probabilità che questo dado NON sia truccato è (1/6)20, anche se qui si potrebbe dire che vi siete stupiti di aver fatto sempre sei ma sareste stati altrettanto stupiti dal fare sempre tre o qualunque altro numero, quindi forse la stima migliore è (1/6)19: comunque un numero molto piccolo, ma non zero!
Be', i fisici per dimostrarsi soddisfatti che qualcosa sia davvero un nuovo fenomeno (una nuova particella, o qualcosa del genere) esigono una probabilità inferiore a 1/1000000 per ciò che si è osservato.
Certo, stimare la probabilità di osservare un certo segnale (più eventi di quelli attesi dal background, e con una forma diversa nello spettro di massa) è un po' più complicato che fare 1/6 alla ventesima. Anche per questi scopi si ricorre a simulazioni Monte Carlo, in cui si simula l'esperimento e si prova con numeri casuali che quello che si è visto accade davvero infrequentemente. Nel caso del plot che avete appena visto, la probabilità è davvero inferiore a 1/100.0000, e si tratta di una vera e propria "osservazione": il quark top è stato scoperto.
Se invece la probabilità fosse stata maggiore, diciamo 1/1.000, si sarebbe solo parlato di "evidenza sperimentale" e il premio Nobel si allontanerebbe pericolosamente...

A questo punto dovrei spiegarvi cos'é il bosone di Higgs, una particella molto importante ipotizzata trent'anni fa, che si pensa di essere vicini a scoprire sia al Tevatron che al LEP, l'acceleratore di elettroni e positroni del CERN di Ginevra. Ho scelto di non addentrarmi troppo in questo argomento, però spiegherò brevemente di cosa si tratta.

Il modello standard, nonostante i grandiosi successi, non è in grado di spiegare l'origine della massa delle particelle. C'è un modello teorico che ipotizza l'esistenza di una particella, H0, che ha a che fare con questo enigma. Ipotizzata trent'anni fa, non è ancora stata osservata, ma se esiste siamo davvero vicini a poterla catturare.

Il modo più pulito di produrre questa particella consiste nello scontrare elettroni e positroni ad energia sufficiente per produrre H0 in associazione con un bosone Z0. I colliders per elettroni forniscono collisioni più pulite (i protoni sono come sacchi di spazzatura al confronto) ma purtroppo gli elettroni sono brutte bestie, se si cerca di farli curvare con un campo magnetico questi perdono velocità (emettendo radiazione di sincrotrone). Per questo motivo l'anello del LEP è quattro volte più grande del Tevatron, e tuttavia non si riesce a accelerare gli elettroni a più di 105 GeV, un decimo quindi di ciò che si fa coi protoni al Fermilab.
Il LEP è stato progettato per studiare la Z0, a una energia pari alla massa di questa particella: 91 GeV, 45.5 GeV per fascio. Quando questo studio è finito, la macchina è stata migliorata per salire in energia, e magari scoprire il bosone di Higgs.
Ma se questo ha massa superiore a 110-120 GeV, LEP non potrà vederlo. La macchina sta terminando la presa dati in questi giorni, e purtroppo deve essere smantellata per lasciare spazio a un nuovo grandioso progetto, un acceleratore di protoni sette volte più potente del Tevatron.
Qualche possibile indizio della presenza del bosone di Higgs proprio al limite delle possibilità della macchina c'è, e la stampa lo ha riportato con clamore recentemente; ma purtroppo la verità è che non si può dire nulla.

Statistica quark Top: 10 KB

Immagine 34 - Questo è il plot che riassume lo stato delle cose a LEP II. Si osserva un piccolo eccesso di eventi con due jets di massa invariante superiore a 113 GeV, dove i processi di background dovrebbero "morire via". Se attribuito al bosone di Higgs, questo eccesso però indicherebbe una sezione d'urto un po' troppo alta. (fonte FNAL)

Statistica quark Top: 22 KB

Immagine 35 - Aleph ha un "event display" molto colorato. Qui si osserva un evento tra quelli a più alta massa invariante. Si osserva la presenza di quattro jets di particelle, due dei quali mostrano vertici di decadimento di particelle a vita media lunga - molto probabilmente quarks beauty, i possibili prodotti del decadimento del bosone di Higgs. (fonte FNAL)

Il testimone ora passa a CDF e D0, che riprenderanno a prendere collisioni protone-antiprotone dopo aver migliorato i propri rivelatori e l'acceleratore stesso. Ci sono buone possibilità che se il bosone di Higgs esiste ed ha una massa inferiore a 180 GeV sarà scoperto nei prossimi tre-quattro anni proprio al Tevatron.

Cosa c'e' dopo? Bene, la scoperta del quark top, e successivamente la misura delle sue proprietà e il suo studio sono importanti passi in avanti nella comprensione della fisica, e la scoperta del bosone di Higgs sarebbe ancora più importante. Però si tratta pur sempre solo di "conferme" di quanto già si sospettava. Più eccitante è la ricerca di fenomeni più esotici, quali la supersimmetria, una teoria che va molto in voga oggi, e che verrà messa alla prova dalla prossima presa dati che sta per cominciare al Tevatron.
Altrimenti, dopo il 2005 inizierà l'avventura di LHC, il Large Hadron Collider che prende il posto del tunnel di LEP a Ginevra. E nel futuro ci sono altre macchine già in fase avanzata di progettazione:
- un acceleratore di muoni, incredibilmente difficile da realizzare ma in grado di fornire esaltanti risultati di fisica;
- un nuovo acceleratore lineare di elettroni e positroni a 500 GeV.

Il resto è un po' ancora campato in aria. Bisogna ricordare che il costo enorme di questi progetti li rende "a rischio": l'SSC, acceleratore di protoni con una energia di 40.000 GeV, è stato "terminato" dopo la costruzione di un terzo del tunnel che doveva ospitarlo in Texas. Motivo?: la mancanza di fondi (e artefice il Senato americano).
Nonostante ciò, la fisica delle particelle rimane molto meno costosa dell'esplorazione spaziale. Però io non sono in grado di giudicare che cosa sia più importante....

Per concludere questa serata con voi, vorrei dire ai più giovani presenti in sala che se sono venuti qui stasera devono cercare di capire se davvero la fisica li interessa, perché hanno una buona probabilità di appassionarsi all'argomento. Un fisico americano una volta mi ha mostrato un grafico che indica che i futuri fisici prendono la decisione di diventare tali a 15-16 anni di età. Ebbene, se la fisica delle particelle vi affascina, la possibilità di lavorare a questi progetti straordinari esiste e non è remota. Bisogna, è vero, lavorare duro durante gli anni dell'università. Ma anche questo è relativo... In Italia, come ho detto poco fa, la carriera universitaria è difficile e a volte frustrante, ma se si è un po' più cosmopoliti le occasioni sono tante.


Immagini e grafici presenti nel testo: cortesia FNAL media services, Tommaso Dorigo e altri; ove non specificato diversamente sono tutti di Tommaso Dorigo.


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Pagina caricata in rete: 6 marzo 2002; ultimo aggiornamento (13°): 22 novembre 2002